Certezze

La visita di George W. Bush in Europa rappresenta l’ennesima occasione di “puntualizzazione” della linea politica interna all’Unione prodinottiana. La lettera di Prodi a Repubblica rappresenta un momento di ufficialità (oltre che di abituale ostentazione di atteggiamenti da statista), ed è quindi al contempo interessante e trascurabile. Trascurabile, perché rappresenta un condensato di banalità e luoghi comuni caratteristici dei protocolli diplomatici in occasioni ufficiali; interessante perché rappresenta il tentativo prodiano di affermare la propria presunta leadership entro una delle coalizioni più estremiste ed estremizzate dell’attuale panorama europeo ed occidentale. Non a caso abbiamo assistito ad uno spettro di reazioni variamente puntualizzanti e stizzite da parte degli alleati ulivisti di Prodi. Il professor “Pancho” (?) Pardi parla, per darsi una verniciata di sociologismo d’antan, di “fiducia obbligante” di Prodi a Bush, come quella concessa (si parva licet) da Furio Colombo a Sharon. Non è chiaro cosa significhi “fiducia obbligante”, forse si tratta dello stesso filone linguistico che ha partorito il concetto, molto morettiano, di “ceto medio riflessivo”. Il buon Cossutta, invece, non si rallegra affatto per il Welcome, Mr. President del Professore, ed estende il biasimo anche a Sharon (che c’entrerà, poi?), parlando di ritiro da Gaza indotto dagli eventi e da una non meglio specificata pressione americana, non prima di aver farfugliato qualcosa su Sabra e Chatila. Non ricorderemo a Cossutta alcuni trascurabili episodi (Ungheria 1956, Cecoslovacchia 1968) della recente storia europea, largamente ascrivibili all’avanzata della Rivoluzione in Europa, perché non vorremmo scadere nel solito anticomunismo logoro e manieristico. Però… però è piuttosto impressionante questa tendenza di larga parte della sinistra alle riabilitazioni e all’autoreferenzialità. Ora, grazie a Furio Colombo, Sharon non è più il figlio di Hitler, tranne che per Cossutta, ovviamente, un anziano signore miracolato dall’italica tendenza al volemose bene, e che in altri paesi provvisti di maggiore memoria storica sarebbe probabilmente stato privato (dalla legge prima ancora che dagli elettori) di diritti politici quali l’elettorato passivo.

Che viene a fare, allora, il Grande Satana, nella terra venusiana della pace kantiana? Secondo alcuni esponenti della sinistra viene col capo coperto di cenere, in cerca di quella nuova legittimazione che gli è stata suggerita (anche se non esattamente in questi termini…) da neocon come Robert Kagan. Secondo altri, viene a battere cassa, in nome della retorica dei grandi principi liberaldemocratici transatlantici. Forse entrambe le cose, chissà. Personalmente, crediamo che la posizione americana sui grandi principi non sia mutata di una virgola, e che Bush stia raccogliendo i suggerimenti di quella parte dei suoi consiglieri che ritiene che, ove possibile, sia meglio cercare il consenso anche dell’altro presunto polo della democrazia occidentale. Chi, come al solito, ha capito assai poco della situazione, sembra essere proprio Romano Prodi che, riferendosi alla visita di Bush, ha dichiarato:

“L’Unione Europea oggi esiste in quanto tale e in questa sua nuova dimensione deve essere riconosciuta con sempre maggiore consapevolezza dagli Stati Uniti.” Non sarebbe più dunque, secondo Prodi, tempo di rapporti “a raggiera”, che partivano da Washington per toccare solo “alcuni singoli paesi europei”, “adesso si gioca alla pari”. Esempio da manuale di wishful thinking. Il Regno Unito resta alleato privilegiato e preferenziale di Washington. Inoltre, ad oggi non abbiamo ancora potuto toccare con mano qualcosa che assomigli anche lontanamente ad una politica estera comune europea. Soprattutto, Prodi si ostina ad identificare la sorgente della legittimazione politica europea con Francia e Germania, due paesi in profonda crisi, economica e di identità politica, e ignora deliberatamente un quadro europeo reso assai più fluido dall’ingresso di molti paesi dell’ex blocco sovietico, portatori di una visione dei rapporti internazionali forse meno maliziosa ma certamente genuina e degna di essere ascoltata. Invece no, per Prodi l’Italia “è emarginata dal centro dell’Europa” perché non ha obbedito diligentemente ai diktat franco-tedeschi; circa il fatto che Italia, Spagna di Aznar, Regno Unito e Polonia (solo per citare i paesi più popolosi) se ne siano egualmente distaccati, chissenefrega. Attendiamo alla prova la politica estera comunitaria, ma se il buongiorno si vede dal mattino (leggasi posizione nei confronti di Teheran ed abituale approccio mercantil-bottegaio al tema), c’è poco da stare allegri. Ma niente paura, la sinistra italiana è giù pronta a scendere in piazza con le bandiere della pace per difendere la teocrazia iraniana ed il diritto dei cinesi, custodi dei diritti umani, ad acquistare le nostre armi…

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