Possiamo, per una volta, essere d’accordo con Marco Follini? “E’ stata una bella manifestazione. E’ stata una manifestazione intensa e composta. Questa manifestazione ha messo insieme due cose: un sentimento umano votato alla liberazione di Giuliana Sgrena e un sentimento politico votato a chiedere una diversa posizione del nostro paese sull’Iraq. Condivido fino in fondo il sentimento umano, ho una diversa opinione politica. Non esserci è la conseguenza di questa diversa opinione”. Abbiamo seguito la diretta della manifestazione su Rai News 24, emittente satellitare ora presente anche sul digitale terrestre. Doveva essere la Cnn italiana (definizione fin troppo abusata e talvolta assolutamente offensiva nei confronti dell’emittente di Atlanta, come nel caso della definizione di “Cnn del Golfo” data ad Al-Jazeera), è invece un canale dall’orientamento ideologico ancora più distorcente ed unidirezionale del Tg3. Abbiamo sentito molte testimonianze, alcune condivisibili per la caratterizzazione umanitaria della richiesta di liberazione per Giuliana Sgrena (e come potrebbe essere altrimenti?), altre imbevute di disarmante ideologismo. Abbiamo ascoltato l’intervento telefonico di Dario Fo, fisicamente non presente alla manifestazione, che si è lanciato in una straniata e straniante requisitoria contro “i paesi aggressori che dicono di essere stati aggrediti”, forse memore delle tecniche retoriche utilizzate dal nazismo e dal fascismo e che lui conosceva bene, avendo aderito in gioventù alla Repubblica di Salo’. Abbiamo visto nel corteo cartelli che invocavano “un 25 aprile per il popolo iracheno”, cartelli che non siamo riusciti a scorgere durante la trentennale dittatura di Saddam, quando un nuovo 25 aprile avrebbe risparmiato la vita a decine di migliaia di curdi, sciiti e “semplici” oppositori sunniti. Abbiamo visto e sentito Oliviero Diliberto, Armando Cossutta ed altri politici affermare che gli assenti alla manifestazione “sono contro il popolo italiano“, vecchio tic dell’assemblearismo che vede nella piazza l’unica e vera fonte di legittimità e legittimazione (a ben pensare, una forma di parentela genetica con il populismo totalitarista). Abbiamo sentito un brano di una corrispondenza di Giuliana Sgrena, in cui afferma che gli americani hanno violato la cultura e le tradizioni della Mesopotamia, così come, il 30 gennaio, avevamo sentito direttamente dalla sua voce che le elezioni erano una farsa. Abbiamo dissentito e continueremo a dissentire da questa ed altre posizioni, frutto di ideologismi che continuano a non vedere la realtà di un popolo che cerca di tornare a vivere, posizioni che non sono riuscite a sentire le parole del presidente iracheno ad interim, il sunnita Al Yawer, che ha detto che l’uscita delle truppe straniere ora non avrebbe senso, posizioni che omettono di segnalare di non aver ancora ascoltato la voce del Grand Ayatollah Al Sistani, la cui coalizione ha la maggioranza assoluta dei seggi alla neo-eletta Assemblea costituente, chiedere il ritiro degli “invasori”.
Non abbiamo neppure sentito uno sforzo serio di analisi per cercare di capire perché vengano rapiti donne e giornalisti, anche di paesi musulmani e non belligeranti o che hanno da sempre e fin all’ultimo avversato l’intervento armato.
Ma fa nulla, continueremo anche noi a chiedere libertà. Libertà per il popolo iracheno, dalla dittatura e dal terrorismo; libertà di scegliere la propria esistenza; libertà per le donne dell’Islam. E libertà per quanti, in quella parte di Occidente bizantino, capzioso ed ammalato di una perniciosa patologia a metà tra l’idelogismo e la realpolitik, si ostinano a fare del relativismo morale una sorta di arma ideologica, dopo aver capito poco o nulla della storia del Novecento.