Antropologia progressista

Ci siamo a lungo domandati quali siano le caratteristiche qualificanti del polemista di sinistra. Azzardiamo: lo spirito pedagogico, lo snobismo, il moralismo, l’indulgenza ed il perdonismo compulsivo verso amici e “compagni che sbagliano”, il rigorismo forcaiolo e l’irrefrenabile pulsione alla “rieducazione” del “nemico”, cioè di chiunque impedisca all’umanità di evolvere verso le proprie magnifiche e progressive sorti; l’unidimensionalità nella descrizione delle caratteristiche psicologiche di chi è “altro” dalla propria tribù, talvolta la tendenza, assai poco politically correct, alla derisione dei difetti fisici o di dizione dell’avversario, il revisionismo liofilizzato ed il sillogismo aristotelico: il primo caso è quello in cui si riabilitano (preferibilmente post mortem,) tutti coloro che nel passato avevano osato opporsi o anche solo innescare una qualche dialettica nei confronti del Progresso, il secondo caso, dando prova di indefettibile realismo, è quello per cui “i nemici dei miei nemici sono miei amici”. Nelle ultime variazioni sul tema, pare persino affiorare (ma questo punto è ancora oggetto di dibattito) l’utilizzo di tecniche dialettiche machiste e più generalmente da destra becera. Un tentativo di categorizzare questi tratti antropologici è stato di recente compiuto da Antonio Polito, direttore de Il Riformista, uno dei giornali che la sinistra tradizionalista più ama odiare. L’occasione è fornita dall’articolo di Marco Travaglio sull’Unità, ove il nuovo Robespierre del Progresso aveva irriso Ritanna Armeni, utilizzando espressioni apparentemente maschiliste per lanciare la propria abituale fatwa contro l’ex portavoce di Bertinotti, comunista ed editorialista di Liberazione, rea di intelligenza con il Grande Orco Reazionario, Giuliano Ferrara.

IPOCRISIE
Dove sbagliano i critici di Travaglio
Antonio Polito
Il Riformista, 3 marzo

I critici di Marco Travaglio, i paladini di Ritanna Armeni, sbagliano; in molti casi sapendo di sbagliare. Nell’ultimo dei suoi consueti spruzzi di fiele, ospitati dall’Unità, il Travaglio non ha infatti commesso il peccato di maschilismo, né ha offeso la donna Armeni accusandola di essere «accucciata sulle ginocchia di Ferrara». Di accucciati nel grembo del nemico, Travaglio ne ha denunciati tanti nella sua carriera, senza distinzione di sesso. Travaglio non ha tentato di offendere la Armeni in quanto donna, ha tentato di offenderla in quanto «collaborazionista». E questo ci conduce a due problemi più generali che meritano di essere discussi, nonostante la scarsa rilevanza del soggetto e dell’oggetto che hanno dato vita a questa polemica.
Il primo punto è il ricorso all’offesa personale nelle polemiche giornalistiche e politiche. Travaglio è un campione dell’abuso da Bagaglino del riferimento a caratteristiche fisiche, tratti somatici, atteggiamenti individuali, nel pestaggio delle sue vittime. E’ anche un campione dell’informazione parziale: del nemico ricorda solo i comportamenti che possano accendere l’odio nei loro confronti, omettendo i comportamenti che potrebbero farlo apparire come una persona, cioè complessa, con chiari e scuri, opinioni diverse su diversi argomenti. E’ un tratto tipico del polemismo di estrema destra, che l’autore si porta dietro nel suo bagaglino culturale. Non a caso si esercita spesso sulla dimensione morale, che vorrebbe sanzionata, tutte le volte che è possibile, con la galera. Presunzioni di innocenza non esistono nel suo universo etico.
Quando non può chiedere la galera, Travaglio sopperisce con la gogna. Il suo schema mentale prevede l’esistenza di una guerra civile, nella quale si è ritagliato il ruolo del commissario politico che vigila sul e denuncia il tradimento. Il tradimento consiste nell’intelligenza col nemico. Dove per nemico si intende una categoria abbastanza vasta, che va da Berlusconi fino ai suoi elettori; e per intelligenza si intende una vasta gamma di comportamenti, compreso prendere un caffè anche solo con un soldatino dell’esercito avversario. Chi lo fa è «collaborazionista». La gravità della colpa di cui si macchia è dunque tale da rendere impossibile ogni distinguo, perché sospende le regole di civiltà che si applicano in tempi normali. L’essere donna, o l’essere comunista, o l’essere stata portavoce di Bertinotti, o l’aver lavorato per il giornale su cui oggi scrive Travaglio, non può dunque mettere al riparo Ritanna Armeni dalla punizione per il reato di collaborazionismo: con Ferrara, poi.
Questo non è affatto un atteggiamento isolato nella sinistra (e men che meno nella destra). Il sindaco di Bologna Cofferati e numerosi altri si chiedono perché i politici del centrosinistra vadano da Vespa, e addirittura perché vadano più in generale in tv, cioè nella tana del nemico. Se la Armeni crede che in Italia si viva ancora in un paese abbastanza normale da poter svolgere una prestazione professionale (fa la giornalista) seduta al fianco di un uomo del regime, si prende anche lei la sua razione di legnate: è già assai che non la vogliano rapare a zero.
Il guasto profondo che questo comportamento (anche a destra) provoca nella convivenza civile; il fatto che le persone, anche le più insospettabili, non possano essere giudicate per quello che dicono e che pensano, ma per con chi lo dicono e lo pensano, è di gravità ben superiore alla mancanza di rispetto nei confronti di una signora, o di una presunta cripto-misoginia. Tant’è che Tabucchi, accorso in soccorso di Travaglio sempre sul solito giornale, se la può cavare così: vabbè, lui è stato un po’ scortese, allora adesso glielo ridico io alla Armeni quanto è infame frequentare Ferrara con parole più dolci ed eleganti. Ecco l’errore di quanti rimproverano all’Unità un difetto di bon ton, voce troppo alta e toni troppo forti. Il problema non è il galateo, è la ragione per cui ci si sente autorizzati ad infrangerlo.
Insomma, Sansonetti e Buffo e gli altri con loro, protesteranno contro lo stile Travaglio solo quando ci sarà di mezzo una donna o un bambino o un comunista? Perché non hanno avuto l’ardire di opporsi a questa deriva, usando la loro autorevolezza nella cosiddetta sinistra radicale, prima che si abbattesse pure su una persona che stimano e conoscono? Oppure merita di essere protetto/a dal travaglismo solo chi dispone di un pedigree di sinistra e di un sesso politicamente corretti? Se così fosse, l’alzata di scudi per la Armeni sarebbe un esercizio di ipocrisia.

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