Le dimissioni di Antonio Fazio hanno immediatamente innescato il solito giochino scemo di società che tanto va di moda presso larga parte della stampa italiana: chi sarà il successore? Peccato che il punto non sia quello. Ciò che occorre, ora, è una modifica a quel morticino che pomposamente è stato definito “legge di tutela del risparmio”, per stabilire alcune linee di principio.
In primo luogo, la fine dell’autocrazia del governatore. Occorre introdurre criteri di collegialità nell’assunzione delle decisioni, con il governatore visto nel ruolo di primus inter pares, e non di autocrate che decide in splendida solitudine. In conseguenza di ciò, occorre introdurre il criterio dell’accountability: il soggetto decisore di Bankitalia deve motivare e rendere conto del proprio operato. Finora, è sempre accaduto che il governatore non motivasse le proprie decisioni, anche quelle relative a progetti di aggregazione tra banche italiane. Ricordate, anni addietro, il tentativo di Unicredito di acquisire l’allora Comit? Bocciato senza motivazioni, secondo un criterio che ricorda molto le monarchie assolute di qualche secolo fa, o le “spiegazioni” che Virgilio forniva alla curiosità di Dante: “Vuolsi così colà ove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare.”
Riguardo il già citato disegno di legge di tutela del risparmio, occorre riservare alla Banca d’Italia solo la vigilanza di stabilità (eventualmente estesa a tutte le tipologie d’intermediari, comprese le assicurazioni), assegnando alla Consob la vigilanza di trasparenza ed all’Antitrust le competenze in materia di concorrenza, proprio per evitare di ritrovarsi con un governatore istituzionalmente irresponsabile ed onnipotente, retaggio del feudalesimo istituzionale italiano. E soprattutto, occorre eliminare quell’aberrazione, che nulla c’entra con un sistema di mercato, chiamata “poteri di indirizzo strategico” della Banca d’Italia.
Se il governo attualmente in carica non procederà in questa direzione, per mancanza di coraggio indotta da veti e ricatti incrociati ad essa interni, oltre che di azioni lobbystiche esterne, saremo di fronte all’ennesima riformicchia che non riforma, immolata sull’altare del liberalismo che non c’è.
P.S. Il governatore di Bankitalia percepisce uno stipendio di 700.000 euro annui. Se volete verificare gli stipendi degli altri banchieri centrali e meditare anche su questo, leggete qui. (slide 7, file Powerpoint)
UPDATE (23 dicembre): Approvata la riforma del risparmio. Positiva l’introduzione della collegialità in seno al Direttorio e l’accountability del medesimo, riguardo la motivazione delle decisioni assunte. Positiva l’attribuzione all’Antitrust della vigilanza sulla concorrenza, con autorizzazione congiunta con Bankitalia per le operazioni di acquisizione e concentrazione. Sul mandato a termine del governatore, a nostro giudizio sarebbe stato preferibile un mandato non rinnovabile, eventualmente di durata prolungata rispetto ai sei anni scelti dalla maggioranza. Resta il problema del passaggio al Tesoro delle quote azionarie della Banca d’Italia detenute dalle banche, soprattutto nei termini di determinazione del valore della cessione, per le implicazioni sui bilanci dei venditori. Quello sarà un ginepraio. Rigorosamente a termine. Sospendiamo il giudizio riguardo le nuove norme sul falso in bilancio.