Due conti

I redditi di capitale e diversi (interessi, dividendi e plusvalenze) percepiti da un normale risparmiatore (una persona fisica che non esercita attività di impresa) sono attualmente tassati nel nostro paese con aliquote differenziate. Sui depositi e conti correnti bancari e postali e sulle obbligazioni private con scadenza inferiore a diciotto mesi vi è una imposta sostitutiva dell’Irpef, prelevata alla fonte con l’aliquota del 27 per cento. Sugli interessi sui titoli del debito pubblico, sui buoni postali e sulle obbligazioni con scadenza superiore a diciotto mesi, l’aliquota è invece il 12,5 per cento. La stessa aliquota è applicata anche ai dividendi e a tutte le plusvalenze, purché, nel caso di dividendi e plusvalenze azionarie, l’azionista non detenga partecipazioni qualificate (in caso contrario una quota, pari al 40 per cento del loro valore è tassata in Irpef). L’aliquota del 12,5 per cento è applicata al risultato netto di gestione dei fondi comuni e delle gestioni patrimoniali.

E’ importante evidenziare che il meccanismo opera simmetricamente, nel senso che l’aliquota del 12.5 per cento sulle plusvalenze diventa un credito d’imposta di pari entità sulle minusvalenze realizzate e sul risultato netto di gestione di fondi comuni e gestioni patrimoniali. Le stime del gettito atteso vanno quindi prese con molta cautela, in quanto dipendenti in larga misura dalle ipotesi sull’entità delle plusvalenze, che sono però una componente dall’andamento molto erratico. Vi è poi difficoltà a stimare la tassazione dei fondi comuni, i quali stanno ancora sfruttando, in compensazione, ingenti crediti di imposta maturati in passato, a seguito delle minusvalenze conseguite sui mercati azionari fino al marzo 2003.

Analizziamo ora cosa è accaduto sui mercati nell’ultimo mese, prendendo ad esempio il principale indice della borsa italiana, S&PMib, che rappresenta i quaranta principali titoli azionari per capitalizzazione e liquidità. Negli ultimi 30 giorni l’indice è sceso di circa l’otto per cento. Chi avesse investito 100 euro nell’indice il giorno 8 maggio ed avesse venduto oggi, tagliando le perdite, si ritroverebbe quindi con 92 euro ed un credito d’imposta verso il fisco, da utilizzare a compensazione di futuri guadagni, pari a 1 euro (cioè il 12.5 per cento di 8 euro di minusvalenza). Gli investitori in un fondo comune azionario, non liquidato, in caso di ribasso del mercato avrebbero visto la quota del fondo maggiorata giornalmente del credito d’imposta, a parziale riduzione delle perdite di mercato.

Quale morale trarre da questi due conti? Che il gettito derivante da inasprimento della tassazione delle attività finanziarie è aleatorio e non predeterminabile, se non in minima e trascurabile parte. Un dato di cui governo e maggioranza dovrebbero tenere debito conto prima di mettere mano a strette fiscali sul risparmio delle famiglie che rischiano di rivelarsi un boomerang in presenza di un’inversione di tendenza dei mercati finanziari, di cui peraltro sembrano intravedersi le prime avvisaglie. In quel caso si riprodurrebbe l’illusione ottica della sopravvalutazione di entrate che tanto preoccupa il ministro dell’Economia in relazione ai provvedimenti contenuti nella Finanziaria 2006.

UPDATE: Nel primo trimestre dell’anno la ripresa è in atto, spinta da investimenti, export e dalla ripresa della spesa dei consumatori, tutte superiori alle attese. Più 0.6 per cento trimestrale, più 1.5 per cento rispetto al primo trimestre 2005. Come da noi ipotizzato, ciò potrebbe e dovrebbe produrre benefici effetti sul gettito fiscale, contribuendo a ridurre il rapporto deficit/pil. Il testo integrale del comunicato Istat

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