Esegesi

Ricordate Piero Ricca? E’ quel giovanotto, sedicente giornalista freelance, nonché figlio di magistrato e titolare di un blog ad alto tasso di egocentrismo naif, che insultò Silvio Berlusconi urlando “buffone” fuori dall’aula del processo Sme. Denunciato dal Cavaliere per ingiuria, venne condannato dal giudice di pace ad un’ammenda di 500 euro. Oggi, la Cassazione ha annullato quel provvedimento. Ricordiamo per intero la frase che Ricca rivolse all’ex premier:

“Buffone, fatti processare come tutti gli altri. Rispetta la legge, la magistratura, la Costituzione, la democrazia e la dignità degli italiani o farai la fine di Ceausescu o di Don Rodrigo”.

Leggiamo ora le motivazioni con le quali la Cassazione ha annullato quella multa, sono degne dell’ultima revisione del manuale DSM-IV:

L’espressione “buffone, fatti processare” – si legge nelle motivazioni – non va condannata in quanto si tratta solo di una “forte critica”. Il fatto poi che l’abbia rivolta all’allora premier in un’aula di giustizia è del tutto “irrilevante”:

“la circostanza che la censura sia stata esternata nei corridoi di un palazzo di giustizia, appare anzi particolarmente idoneo, come sede privilegiata, a suscitare riflessioni sul tema della legalità e del rispetto delle leggi”.

Che si tratti di una “semplice critica”, lo si desume in maniera non dubbia dal fatto che

“l’imputato ha fatto seguire all’epiteto incriminato espressioni che suonano come forte riprovazione della condotta tenuta dal querelante come ‘homo publicus’”.
Anzi “l’esortazione pressante ‘fatti processare’, ‘rispetta la legge’, è una vibrata e accorata censura, istintivamente suscitata dalla presenza del personaggio che a tante polemiche e contrasti aveva dato origine”.
Una censura che peraltro ebbe una “utilità sociale, intesa come interesse della collettività alla manifestazione del pensiero” su temi cruciali della vita pubblica.

Lungi da noi l’idea di censurare un’espressione di free-speech, ma nelle motivazioni non si coglie traccia del paragone tra Berlusconi e Ceausescu, cioè ad un dittatore che fu ucciso durante una sollevazione popolare. Eccellenze illustrissime della Suprema Corte di Cassazione, nessun rilievo circa questa frase? Oppure anch’essa riveste implicitamente una funzione di “utilità sociale” e di “accorata censura”? In fondo, anche Ceausescu poteva classicamente definirsi come “personaggio che tante polemiche e contrasti aveva dato origine”, per usare un understatement. La giurisprudenza vive di interpretazioni analogiche, ad evidenza.

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