Come in Europa si tassa la tecnologia

I 16 laender tedeschi avrebbero raggiunto un accordo per introdurre dal prossimo 1 gennaio un canone mensile di 5.52 euro su computer e telefoni cellulari che possono ricevere trasmissioni radiotelevisive via internet. il nuovo balzello graverà su ogni famiglia o azienda che attualmente non corrisponde già il canone radiotelevisivo tradizionale.

La mossa tedesca si aggiunge a quelle già prese da Regno Unito e Svezia, mentre anche altri paesi stanno meditando iniziative simili. Attualmente, in molti paesi europei esiste l’obbligo di pagamento del canone radiotelevisivo, istituito decenni addietro per finanziare il servizio pubblico. Il gettito raccolto attraverso il canone può essere sostanziale: in Germania, esso è pari a 17 euro mensili e raccoglie annualmente circa 7 miliardi di euro per finanziare i canali pubblici ARD e ZDF; nel Regno Unito ogni famiglia con un apparecchio televisivo deve pagare un canone annuo di 131.50 sterline, per un gettito complessivo di circa 3 miliardi di sterline, che vengono assegnati alla Bbc.

Oggi, per effetto delle nuove tecnologie, la ricezione dei segnali televisivi non è più confinata ai soli televisori. Ogni computer di media potenza (del costo indicativo di circa 1000 euro, e anche meno) ha la possibilità di ricevere segnali televisivi. Allo stesso modo, un telefono cellulare di fascia alta può connettersi ad internet ad alta velocità e ricevere anche trasmissioni televisive.

La reazione dei governi europei è quindi quella di imporre una tassa sulle nuove tecnologie, oltre che sulle vecchie. Già durante gli ultimi mondiali di calcio, l’ente britannico che presiede alla riscossione del canone ha ammonito le aziende del proprio paese che esse sarebbero state multate se i loro dipendenti avessero guardato programmi televisivi dai computer senza che l’azienda avesse pagato il canone.

Se i paesi europei tasseranno la proprietà di computers e cellulari ad alta tecnologia, finiranno col compiere un atto di puro autolesionismo. Oggi, i governi impongono tasse su benzina e sigarette con la motivazione di volerci impedire la distruzione dell’ambiente o della nostra salute. La stessa logica sembra applicarsi a computer e cellulari: tassandoli, si disincentiva il loro uso. Inoltre, poiché la maggior parte dei privati già paga il canone, la nuova imposta finirebbe col gravare maggiormente sulle imprese. E poiché il canone è imposto a somma fissa, sarebbero le piccole aziende a soffrire di più.

Ma che politica industriale sarebbe quella che disincentiva le aziende ad acquisire computer avanzati? La tassazione della tecnologia ai giorni nostri ricorda, per distorsività degli incentivi, la tassazione delle finestre che il governo britannico era solito imporre nel Seicento e nel Settecento. Non soprendentemente, i britannici risposero all'”incentivo” murando le proprie finestre. Ora i contribuenti potrebbero reagire sbarazzandosi di dispositivi hi-tech o comunque rallentandone la diffusione. Quale sarebbe il beneficio?
C’è tuttavia una soluzione più razionale. L’argomentazione principale a favore dell’esistenza di emittenti nazionali è la trasmissione di programmi di qualità, svincolati dalla logica della raccolta pubblicitaria, pur se occorre ammettere che qualità e audience talvolta riescono a convivere. Ma questa motivazione non deve avere come unintended consequence la tassazione delle nuove tecnologie.

Se i governi vogliono avere un servizio pubblico radiotelevisivo (prescindendo qui dal dibattito sui contenuti del medesimo), devono semplicemente porre il suo finanziamento a carico della fiscalità generale, per non dare ulteriore prova di quell’autolesionismo fiscale che sembra essere la vera costante di governo in Europa occidentale.

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