Ritenta, sarai più fortunato

Ci è stata segnalata la piccola ed inacidita replica del giovane e brillante columnist del Foglio al nostro post, in cui lo abbiamo pizzicato a scrivere sciocchezze sulla mirabolante crescita dei salari reali (come lui stesso li ha definiti) negli Stati Uniti, addirittura pari al 10 per cento nel periodo 2003-2006. Rocca cita i dati della Casa Bianca, che sostengono:

Real After-Tax Income Per Person Has Risen By 9.6 Percent $2,840 Since The President Took Office.

Sfortunatamente per lui, Rocca parla di cose che non conosce, tecnica in cui è indiscutibilmente maestro, a giudicare dalle sue dotte tranvate sulla politica estera statunitense. A suo beneficio, ed a beneficio dei lettori, vediamo di riportare i dati alla loro essenza e veridicità.

Tralasciamo il fatto che lo statement della Casa Bianca parli di dati riferiti al periodo dell’intera presidenza di George W.Bush, quindi dal gennaio 2001 ad oggi, mentre Rocca nel primo post parla di progressione verificatasi dal 2003 ad oggi. Questo è veniale, anche se sciatto. Capita anche alle migliori penne di perdersi per strada due anni di dati storici.

La cosa realmente bizzarra è che Rocca gioca con le classificazioni statistiche come fa con i brani dell’iPod: impostando lo shuffle.

Nel primo post parla di “salari reali“, in questa buffa replica parla di “reddito reale pro-capite dopo le imposte“. Ecco, qui casca l’asino, con rispetto parlando. Perché i salari (wages) sono solo UNA delle componenti del reddito (income), così come classificato nelle tabelle di contabilità nazionale. In nessun caso i due elementi possono essere considerati sinonimi. La categoria di reddito è uguale alla somma di: salari e stipendi, altri redditi da lavoro, reddito dei titolari d’impresa (proprietor’s income), reddito personale da affitti, interessi, dividendi e trasferimenti alle persone, al netto dei contributi personali versati alla Social Insurance. Come anche uno studente al primo anno di economia riuscerebbe ad afferrare, quella di reddito è una categoria molto vasta, che raggruppa fonti di entrata di varia provenienza, laddove l’espressione “salari” rappresenta invece, anche per chi non ha una formazione marxista, esclusivamente il reddito da lavoro. La verità è che i salari reali sono stagnanti o in diminuzione ormai da molti anni, e ciò alimenta gran parte del dibattito politico negli Stati Uniti, producendo fenomeni quali la recente, improvvida revisione al rialzo dei minimum wages. Si tratta, in sostanza, del tentativo di riequilibrare il movimento del pendolo tra lavoro e capitale, che da ormai molti anni vede il forte arretramento della quota d’incremento della produttività acquisita dal primo, a tutto vantaggio del secondo. Non bisogna essere Paul Krugman per evidenziare questa problematica, di recente ci ha pensato anche Stephen Roach, che non è il leader di una band hip-hop, ma il chief economist di Morgan Stanley.

Scambiare i salari con il reddito di contabilità nazionale vuol dire non possedere neppure l’abc della macroeconomia. Questa è la triste realtà. Peraltro rinforzata dal commentino acido del giovane editorialista-politologo-economista-tuttologo neowilsoniano. Il quale rivendica di “essersi informato sul sito della Casa Bianca” (wow!), e ci accusa di essere un “blog che gioca con le tabelline”. Peccato che queste “tabelline” siano tratte dal Bureau of Labour Statistics del Dipartimento del Lavoro, e non da Tuttosport o Grazia, abituali letture di Rocca. Al quale infatti faremo grazia di aver utilizzato, nella sua replichetta, i termini “reddito” e “guadagni” come sinonimi. Non bisogna mettere troppa carne al fuoco, nuoce all’apprendimento. Siamo tuttavia convinti che giocare con le tabelline del BLS potrebbe servire a Rocca per non bersi a garganella tutte le press releases che gli passano sotto il naso.

L’arroganza congiunta all’ignoranza è una brutta malattia, anche se non rara in un paese come l’Italia dove, dal latinorum di Don Abbondio in avanti, se riesci a scavarti una nicchia di mercato come affabulatore hai risolto tutti i tuoi problemi professionali.

Ad ogni buon conto, se e quando Rocca vorrà misurarsi con qualcuno che nella vita fa l’economista, non ha trent’anni e non ha rotto nessuna playstation, noi lo aspettiamo. Ma anche se non vorrà farlo, continueremo a correggere i suoi svarioni macroeconomici, e tenteremo di proseguire in quell’opera di divulgazione ed analisi che abbiamo intrapreso da qualche tempo a questa parte.

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