Fare politica

Nuovo, imperdibile post di Perla Scandinava, che procede nella sua inesorabile ed impietosa comparazione del sistema politico-amministrativo norvegese con quello italiano. Questa volta, Perla ci parla della scuola per i candidati del Fremskrittspartiet, il partito liberale norvegese:

Il Fremskrittspartiet non manda dei dilettanti allo sbaraglio a governare i comuni e le regioni ma impone a tutti coloro che concorrono alla campagna elettorale di frequentare corsi e seminari dove imparare a gestire un bilancio di un comune (i comuni norvegesi sono paragonabili alle provincie italiane), affrontando delle perfette simulazioni di intervento su autentici budget di spesa pubblica.

Si lavora, si studia e si impara ad essere liberali e liberalisti anche partendo dalla gestione del denaro che i contribuenti pagano per la scuola, piuttosto che per l’assistenza agli anziani o la biblioteca o la palestra nel piccolo o nel grande land.

Una lieve differenza con l’Italia, dove si entra effettivamente in politica per risolvere i problemi, meglio se economici, e preferibilmente i propri e quelli dei propri familiari e famigli. Ma sbaglierebbe chi pensasse che in Norvegia si allevano in batteria grigi burocrati amministrativi. La gestione del denaro dei contribuenti è il risultato operativo e visibile di una preparazione politica che, a monte, non prescinde dall'”ideologia.

Quella parola che alle nostre latitudini tendiamo ormai a connotare negativamente come sterile speculazione cripto-filosofica (quando va bene) o, più di frequente, come furbesco alibi retorico che copre l’azione di comitati d’affari e falangi di termiti della Cosa Pubblica. In Norvegia, ideologia è la base ideale (guarda caso, l’etimologia qui è ancora incorrotta) che guida l’azione quotidiana dei pubblici amministratori. Ecco quindi che il partito liberale norvegese declina la propria ideologia. Scrive Perla:

Il deputato è il docente e, alla lavagna, con testi alla mano, spiega e interroga, fino a sottoporre agli allievi (suddivisi in gruppi di lavoro) veri compiti scritti, da risolvere applicando la pratica liberale e liberista derivante dai filosofi e dai teorici che hanno ispirato e formato questo partito.

Ed è qui che mi sono sentita presa da una forte emozione, durante l’ultimo modulo al quale ho partecipato, quando sul mio tavolo mi sono trovata due pesanti tomi con la firma di Ayn Rand!

Leggete e imparate a conoscere le idee sull’oggettivismo e sull’individualismo di questa importantissima donna!” sono state le parole scandite dal deputato Tord e ribadite dal segretario regionale dell’FRP Torstein e che sono state musica per le mie orecchie di liberale randiana.

Tutto esattamente come in Italia, non trovate? Parlando proprio di liberalismo, osservate il panorama che ci si para di fronte. Un cumulo di piccole macerie fumanti, tra le quali si aggirano eternamente promettenti innovatori, purtroppo smarritisi nella contemplazione dello specchio del proprio narcisismo; improbabili travestiti della politica, che da decenni tentano grottescamente di tenere assieme materia ed antimateria, alfa e omega, liberalismo e socialismo. O ancora piccole, litigiose caccole di gallina, che riescono a malapena a rappresentare loro stessi, insignificanti monadi che si accapigliano sotto il busto polveroso di un vecchio aristocratico piemontese dell’Ottocento. Resta viva in noi la speranza che questo busto rovini loro addosso e risolva parte del problema. 

E’ il liberalismo in salsa italiana. Irrancidito come la cultura politica di questo sciagurato paese.

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