Ci sono giorni, come questo, in cui ci sentiamo di rivolgere un riconoscente pensiero alla felice congiuntura astrale che ha determinato, per l’Italia, la perdita totale di sovranità monetaria e quella parziale della sovranità fiscale. L’accordo di questo pomeriggio tra governo e sindacati prevede l’erogazione di un importo una tantum di 250 euro ai pensionati al minimo, previsto per settembre via decreto-legge, ed aumenti di 40 euro mensili dal 2008, con una non meglio precisata “rivalutazione annuale” delle pensioni. Non è chiaro in cosa consista quest’ultima misura, visto che le pensioni sono già oggi rivalutate (in modo decrescente al crescere del reddito) in base al tasso d’inflazione programmata. Dopo questo annuncio che non annuncia, il capolavoro tattico del governo Prodi: l’ennesimo rinvio sullo “scalone Maroni”. Già, perché di quello si tratta: le modalità di superamento dello scalone e (soprattutto) quelle di copertura finanziaria di tale intervento saranno stabilite entro la cornice della Finanziaria 2008.
Illusoria la propaganda prodiana di reperire tali risorse dalla “razionalizzazione” ed accorpamento degli enti previdenziali nel cosiddetto “Super-Inps”. Una bufala assoluta, che ricorda le furbate andreottiane del blocco del turnover nella Pubblica Amministrazione (regolarmente disatteso) e di chicche come l’iscrizione a bilancio dei risparmi derivanti dall’eliminazione dei posti-letto negli ospedali, anch’essa del tutto inattuata ed inattuabile. Voi pensate realisticamente che l’armonizzazione di procedure e sistemi informativi di enti previdenziali i cui organici sono incomprimibili, non esistendo licenziamenti né cassa integrazione nella P.A., possa determinare risparmi di spesa?
Di fatto, il governo ha deciso di mettere mano alla spesa pubblica clientelare, prevedendo verosimilmente che la prossima primavera si andrà a votare, e di conseguenza che occorra iniziare a fine giugno ad apprestare una Finanziaria elettorale. Eppure, la sinistra radicale non è soddisfatta, e scavalca a sinistra il sindacato, almeno finora a parole.
Da questa mirabile operazione di irresponsabilità fiscale e politica, di cui saranno i giovani ed i contribuenti a pagare il conto, prima di quanto possiate immaginare, esce a pezzi (come largamente previsto) la credibilità e la reputazione di Tommaso Padoa-Schioppa, il banchiere centrale che volle farsi politico, e mal gliene incolse. Il quale, solo 48 ore fa, diceva che la dinamica di spesa era debordante rispetto alle previsioni, e che rischiava pertanto di far evaporare il famigerato tesoretto, frutto di una delle più assurde operazioni di manipolazione dei conti pubblici della storia repubblicana, usata come alibi per un’inasprimento fiscale superfluo e dannoso.
A conferma della logica sudamericana (o meglio, della chavizzazione dei conti pubblici tentata in queste settimane dalla sinistra radicale) di questa operazione, vale la pena di citare la dichiarazione della capogruppo al Senato del gruppo Pdci-Verdi, Manuela Palermi, che ha già dato prova di facoltà divinatorie, preconizzando che l’aumento riguarderà “le pensioni più basse senza considerare il cumulo delle pensioni in una famiglia, senza cumulare la pensione del marito con quella della moglie“. Con buona pace dell’equità.
Come noto, la sinistra radicale è economicamente analfabeta, essendo nutrita a pane e marxismo, ed alcuni suoi esponenti hanno ritenuto di vedere un surplus di cassa dell’Inps sufficiente a finanziare l’abolizione dello scalone. Peccato che tale surplus di cassa sia frutto dell’aumento dei contributi a carico dei lavoratori, che ne ha ulteriormente ridotto il reddito disponibile, oltre che della nota europorcata contabile rappresentata dal trasferimento all’Inps del Tfr inoptato dai lavoratori di aziende con oltre 50 dipendenti. Ma anche in questa manovra “epocale” di aumento delle pensioni minime, la sinistra riesce ad arrivare dopo il governo Berlusconi, che nel 2001 aumentò le pensioni minime a circa 1,8 milioni di cittadini entro i primi cento giorni di governo. Prodi si conferma pessimo scopiazzatore di iniziative altrui.
E allora, diciamolo forte e chiaro: viva l’Unione Europea, ma anche viva le agenzie di rating, l’Ocse ed il Fondo Monetario Internazionale, che quotidianamente ci salvano dalla deriva sudamericana di una classe politico-sindacale di saltimbanchi e parassiti.