Mr.Capezzone, Where Is The Beef?

Torniamo sul manifesto programmatico di Daniele Capezzone per meglio precisare alcune delle nostre critiche. Quello che a noi pare sinceramente disarmante, di questo programma, è il semplicismo con il quale vengono affrontate le problematiche economiche. Si obietterà che questa semplificazione serve a trasmettere il messaggio a livello emotivo, e potremmo anche convenire, ma senza dimenticare che la storia recente di questo paese è inzeppata di uomini della Provvidenza e di ricette miracolistiche. A Capezzone tuttavia spetta comunque l’onere di dettagliare quale percorso intende seguire per questo manifesto. A livello politico deve spiegare che significa, in termini operativi, “fare network”, altra espressione mutuata dal marketing della comunicazione aziendale di questi anni. Beninteso, non c’è nulla di male nella contaminazione di genere tra politica e mondo delle imprese. La differenza risiede nel fatto che le imprese devono essere conseguenti alla comunicazione (almeno quelle che operano in contesti competitivi, meglio se globali), pena l’espulsione dal mercato. I politici hanno vincoli meno stringenti, in questo senso. Per loro c’è sempre un esame di riparazione.

Capezzone dovrà poi tradurre in indicazioni operative i suoi punti programmatici. Se per quelli istituzionali ciò è complessivamente agevole (c’è qualcuno in Italia che non si dica favorevole ad una riduzione del numero di parlamentari?), per quelli economici non sono concesse scappatoie. Ma vogliamo passare in rassegna i singoli cantieri? Sulla flat-tax: Capezzone indichi in che modo ridurre la spesa corrente dell’1 per cento annuale per 5 anni. Tagliare gli stipendi pubblici? Licenziare pubblici dipendenti? Eliminare trasferimenti a famiglie ed imprese? Tutto si può fare, ma a noi servono dati. Senza di essi, non si va da nessuna parte.

Federalismo fiscale: due banalità assolute. Come pensa Capezzone di attuarle? Presenterà una proposta di legge da far firmare “a chi ci sta”? Faccia pure, magari prima rileggendosi le innumerevoli pdl sulla materia giacenti in parlamento. Inoltre, la frase “possibilità anche di pervenire a diversità di livelli di pressione fiscale locale nei diversi territori, per favorire la competizione” non significa nulla. Di quale tipo di pressione fiscale parliamo? Dell’Ire? Dell’Ires? Dell’Iva? Si pensa di creare nuovi strati di tassazione locale, con tutto quello che ciò implica in termini di costi amministrativi di gestione, o si pensa di mantenere a livello locale ampie quote di tributi? In quest’ultimo caso, come gestire l’articolazione della pubblica amministrazione per adeguarla al maggior peso fiscale assegnato alla periferia? Ci rendiamo conto che, per trattare ognuno di questi temi, occorrono interi volumi di materiale di analisi e studio?

Sui crediti d’imposta per finanziare scuola e sanità, abbiamo già scritto più e più volte: non è quella la strada. Così facendo si riduce base imponibile, mentre oggi sappiamo che la riduzione degli effetti distorsivi della tassazione sull’attività economica deve avvenire eliminando crediti d’imposta e loopholes, cioè ampliando la base imponibile e riducendo, ceteris paribus, le aliquote nominali. Lo stanno facendo tutti i paesi europei: semplificazione è la parola d’ordine. Per Capezzone, no. Ce ne faremo una ragione.

Sulle privatizzazioni, aria fritta. Privatizziamo le Ferrovie? E chi le compra? Per farci cosa? Con che struttura tariffaria? Con che regole di competizione, essendoci finora un unico operatore con la finzione di una rete contabilmente e societariamente separata da esso? Su Alitalia è più semplice, basta portare i libri in tribunale e finirla con l’accanimento terapeutico. Sulle municipalizzate: ottimo privatizzare, ma con che livello di liberalizzazione? Vogliamo trasformare monopoli locali pubblici in monopoli locali privati?

Responsabilità patrimoniale del pubblico amministratore: splendido. Ma il pubblico amministratore ricorrerà al mercato assicurativo, oppure se ne “costruirà” uno su misura nella gestione quotidiana della spesa pubblica, ed i costi dell’assicurazione ricadranno sui cittadini amministrati, in modo esplicito o implicito, andando ad ingrossare il fiume già in piena dei costi della politica.

Semplificazione burocratica e “impresa in un giorno”: lo slogan capezzoniano per antonomasia. Possiamo anche aprire un’impresa in dodici secondi netti e con vento contrario, va benissimo. E poi? I costi di rispetto degli adempimenti burocratici? I rapporti con l’Agenzia delle Entrate? I costi di osservanza della legge 626? Quanti giorni di lavoro dedicheremo alla “manutenzione” amministrativa dell’azienda che abbiamo aperto in un giorno? Durante la Seconda Guerra Mondiale un generale diceva: “Fate bollire l’acqua del mare, gli U-boot tedeschi saranno costretti ad emergere, e li cattureremo tutti”. Di fronte alle obiezioni dei suoi subordinati circa la fattibilità dell’operazione, il generale rispondeva: “Io mi occupo di strategia, non di tattica”. Ecco, a noi questa cosa dell’impresa aperta in un giorno ricorda molto questo aneddoto.

Riforma delle pensioni: la parte scritta meglio, come si evince anche dal nome di uno dei primi firmatari del manifesto capezzoniano, che è una autorità ed una garanzia in materia. Non ci si dimentichi anche il correttivo del passaggio al sistema contributivo pro-rata per tutti, la via maestra alla semplificazione ed alla equità intergenerazionale. Condivisibile l’esigenza di una riforma delle pensioni che liberi risorse fiscali per riqualificare il parassitario e sclerotizzato sistema di welfare del nostro paese, ma in tutta franchezza, c’è qualcuno oggi, che sostiene il contrario, comunisti a parte?

Statuto dei lavori: condivisibile, vale per questo punto quanto scritto per la parte previdenziale. C’è un primo firmatario, che è stato il più stretto collaboratore di Marco Biagi, che rappresenta una garanzia.

Sulla detassazione del lavoro straordinario abbiamo già scritto: è un’idea centralista, distorsiva dell’innovazione tecnologica ed un freno alla crescita della produttività. Analoga critica si può avanzare per la fissazione di aumenti salariali legati all’andamento dell’azienda. Questo è un obiettivo a cui si dovrebbe giungere per contrattazione tra aziende e sindacato, non per imposizione legislativa. Capezzone si mostra troppo statalista e dirigista, per essere un liberista o sedicente tale.

Abolizione del sostituto d’imposta per i lavoratori dipendenti: vecchia fuffa radicale, implicherebbe elevatissimi costi di compliance amministrativa senza alcun beneficio tangibile. Se Capezzone vuole “affamare la bestia“, provi a farlo senza titillare le pulsioni all’evasione fiscale degli italiani, non ce n’è alcun bisogno.

Sul superamento di ordini professionali e abolizione del valore legale del titolo di studio, Capezzone può andare a spulciarsi le decine di pdl giacenti in Parlamento, troverà eccellenti spunti e noi saremo con lui.

Negli Stati Uniti esiste un motto molto efficace: “where’s the beef“? Dov’è la carne, la sostanza? In questi tredici punti, di carne continua ad essercene pochina. Naturalmente, e per rispondere a quanti ci hanno criticato per eccessiva severità di giudizio, possiamo sempre convenire che compito di un politico è quello di mobilitare energie, intellettuali e di elettorato, e servirsi di tecnici per sviluppare il proprio programma. Capezzone certamente corrisponde a questo identikit: è un giovanotto di 35 anni, con maturità classica ed incompiuti studi di giurisprudenza (quindi con scarse o nulle competenze economiche proprie), nella sua vita non ha mai lavorato in una azienda (i malevoli direbbero che non ha mai lavorato tout court) ed ha sempre fatto politica.

Tutto ciò premesso, a Capezzone le prossime mosse. Sperando che egli possa contribuire a smuovere il panorama politico italiano in direzione autenticamente liberista (ché quello è il nostro obiettivo), e non si fermi al prossimo diritto che gli verrà costituzionalmente garantito, quello di condurre una rassegna stampa radiofonica, qualsiasi cosa accada. Se possiamo dare un consiglio a Capezzone, provi a leggersi il sito italiano che rappresenta una eccellente fonte di riflessioni e spunti (non sempre condivisibili, ma sempre degni di attenzione) per la modernizzazione economica di questo paese. Ci pare di non aver trovato, tra i firmatari, nessuno degli economisti che animano quel sito. Una lacuna che Capezzone dovrebbe cercare di colmare rapidamente, visto che il suo attuale feeling con Confindustria (Corriere incluso) potrebbe non essere sufficiente per andare lontano.

UPDATE: Capezzone suggerisce non una ma due belle manifestazioni di protesta, da tenersi al rientro dal mare, per alzare l’età pensionabile e protestare contro le tasse. Forse gli sarebbe convenuto accodarsi alla manifestazione della Casa delle Libertà dello scorso 2 dicembre, ma evidentemente le prese di coscienza richiedono tempo.

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