Secondo l’associazione dei consumatori Adusbef, quest’anno pignoramenti ed esecuzioni immobiliari dovrebbero aumentare del 19 per cento, per effetto delle insolvenze legate alla insostenibilità, da parte dei debitori, dei costi legati all’aumento dei tassi sui mutui. Sempre secondo Adusbef, in Italia i mutui a tasso variabile rappresenterebbero il 91 per cento del totale, una percentuale molto più elevata della media europea.
Una anomalia che l’associazione imputa ai comportamenti delle banche, ree di
«…aver costretto milioni di consumatori, ad accendere mutui a tasso variabile quando, specie nel 2004, i tassi di interesse erano ai minimi storici e non si doveva consigliare o imporre (molte banche non erogavano proprio i tassi fissi) agli utenti bancari, di essere gravati di pesanti prestiti di lungo periodo (30-40 anni) a costi apparentemente più bassi che però, con il rincaro del costo del denaro, solo due anni dopo diventavano sempre più insostenibili».
Proviamo ad analizzare questa notizia, rilanciata al solito in modo del tutto acritico e sciatto dalla stampa. In primo luogo, Adusbef potrebbe graziosamente rendere di pubblico dominio la metodologia utilizzata per giungere alla stima dei pignoramenti? E’ un vecchio vizio delle associazioni dei consumatori quello di sparare dati senza fornire la fonte, certi che nessun giornalista andrà a verificare, cioè a fare il proprio lavoro. Forse un po’ più rigore non guasterebbe. In secondo luogo, e fermo restando che non abbiamo alcuna intenzione di difendere il sistema bancario (e ci mancherebbe!) , anche ammettendo che le banche e gli altri intermediari non abbiano offerto mutui a tasso fisso quando i tassi di mercato erano ai minimi, perché lo avrebbero fatto? Per una banca è sempre possibile trasformare attività e passività da tasso fisso a variabile e viceversa, semplicemente entrando in un accordo di interest rate swap, attività assolutamente routinaria nella gestione della tesoreria. Abbiamo il sospetto che all’Adusbef queste cose non le sappiano. Pur con tutti i limiti di managerialità che ben conosciamo, una banca non è esattamente una pizzeria o un chiosco di bibite.
Ancora: Adusbef si lamenta per il fatto che i mutui italiani sarebbero più costosi della media europea di oltre un punto percentuale. Questo dato deve essere vero, provenendo dal Bollettino Statistico della Banca d’Italia. Qui suggeriamo di riflettere su quanto segnalato tempo addietro da Alessandro Profumo, a.d. di Unicredito. In Italia ad una banca servono in media 7 anni per rientrare in possesso di un’abitazione dopo l’insolvenza del debitore, in Germania bastano 12 mesi. E’ del tutto evidente che l’ipoteca in sé non basta a garantire l’esecuzione, visti i tempi tecnici e giudiziari dell’intero iter di pignoramento, fino alla vendita dell’immobile sul mercato. Questo accresciuto costo di sistema si riflette inevitabilmente in una maggiore onerosità media del credito, a parità di ogni altra circostanza. Nel sistema creditizio italiano ci sono certamente gravi deficit di concorrenza, ma il sistema-paese non aiuta, in termini di certezza del diritto e tutela dei diritti di proprietà.
Altro nodo italico è l’enorme uso di contante che ancora oggi si fa, a confronto con la media europea. Vi siete mai chiesti perché l’Italia detiene tutt’oggi il record europeo di rapine a istituti di credito? Pensateci bene. I costi legati alla sicurezza, in termini di assicurazione e sistemi di protezione, lievitano e finiscono con lo scaricarsi a valle, sull’onerosità dei conti correnti. Quindi, non basta prendersela con la “casta dei banchieri”, come fanno le associazioni dei consumatori nel modo populista che da sempre praticano, per supplire alla loro palese mancanza di fondamentali economici e capacità analitica. Occorrerebbe anche chiedere leggi di tutela dei diritti di proprietà e mutare comportamenti atavici che sono alla base dell’arretratezza del paese.
Ma soprattutto occorre padroneggiare i fondamenti dell’economia, altrimenti produrremo sempre e solo riformisti alla vaccinara, quelli che vogliono burro, cannoni e cannoli, come la flat tax e la sua antitesi, i crediti d’imposta. E nulla cambierà mai in questo cabaret a cielo aperto chiamato Italia.