La Robin Hood Tax, introdotta dal governo nell’ambito dell’operazione “anche i ricchi piangano”, e che servirà (almeno nell’immaginario collettivo, le cose sono un po’ più complesse in realtà) a finanziare i food stamps all’italiana per i pensionati al minimo (anche qui, vedremo numeri e platea dei beneficiari), prevede l’obbligo per le imprese petrolifere di passare dalla valutazione delle scorte col metodo Lifo (Last In, First Out) a quello Fifo (First In, First Out), facendo emergere la plusvalenza derivante da scorte comprate e accantonate a prezzi più bassi e messe a riserva al crescere del prezzo di mercato.
A quanto ammonterà il gettito della manovra? Le prime stime ipotizzavano 800-900 milioni di extragettito, ma vi sono rilevanti dubbi interpretativi circa il trattamento fiscale delle scorte strategiche, imposte da disposizioni dell’Unione Europea e della Agenzia Internazionale dell’Energia. Novanta giorni di consumi nel primo caso, di importazioni nette nel secondo caso. Per il 2008 le scorte strategiche ammonterebbero a 14,8 milioni di tonnellate tra greggio e prodotti raffinati, la cui custodia è ripartita tra tutti i soggetti che l’anno scorso hanno venduto prodotti petroliferi sul mercato domestico: major, raffinatori e distributori.
Le scorte strategiche sono iscritte allo stato patrimoniale come “rimanenze immobilizzate”, quindi non liberamente commerciabili. A ciò si aggiunga che parte di tali scorte sono all’estero, in base ad accordi reciproci di custodia stipulati tra differenti paesi, il che significa che sul territorio italiano vi sono scorte strategiche custodite da operatori italiani per conto di soggetti non residenti. I quesiti sorgono spontanei: è possibile tassare le scorte strategiche? E se sì, è possibile tassare scorte strategiche detenute in Italia per conto terzi? I legali sono all’opera, ma se il provvedimento dovesse limitarsi alle scorte commerciali il gettito sarebbe molto esile, visto che le scorte strategiche sono pari a circa il 70 per cento del totale. Wait and see.
Nel frattempo, possiamo riflettere sul fatto che la Francia è passata dal Lifo al Fifo ma ha consentito di spalmare l’onere fiscale su un quinquennio, ed ha introdotto una clausola di salvaguardia in caso di calo delle quotazioni del greggio. Ma evidentemente è scritto che in questo paese il fisco deve caratterizzarsi per arbitrio e protervia, indipendentemente dal colore del governo pro-tempore in carica. E già che ci siamo, riflettiamo anche sul fatto che l’Eni, la nostra major petrolifera, per l’esercizio 2007 ha pagato 9,219 miliardi di euro in tasse, ed ha aumentato il dividendo, portandolo complessivamente a 1,30 euro (tra interim pagato a ottobre e finale pagato a maggio) da 1,25 euro, il che, tra Ministero del Tesoro (azionista al 20 per cento) e Cassa Depositi e Prestiti (azionista al 10 per cento) fa altri 1,5 miliardi di euro d’incasso. Aggiungendo l’extragettito derivante da Iva e accise su prezzi in rialzo dei carburanti sarebbe stato possibile alimentare agevolmente il fondo per i food stamps. A proposito, perché l’iniziativa va a beneficio esclusivo dei pensionati? Qualcuno pensa che la povertà sia esclusivamente annidata in quella coorte anagrafica?
P.S. Nel provvedimento licenziato dal Consiglio dei ministri del 18 giugno vi sono anche misure interessanti e condivisibili, quali la riattivazione di alcuni istituti del mercato del lavoro previsti dalla Legge Biagi (come la reintroduzione del lavoro a chiamata), e le linee-guida di riforma strutturale della pubblica amministrazione. Peccato che il colpo d’occhio venga sporcato da misure demagogiche, populistiche e diseducative, di cui un paese come l’Italia non ha affatto bisogno.