Da Collecchio a Buenos Aires, via Magliana

Leggendo i punti qualificanti delle deliberazioni su Alitalia del Consiglio dei ministri di ieri, espresse in un decreto legge ed in un ddl delega si viene colti dalla netta impressione che in questo paese non sia materialmente possibile introdurre un mercato degno di questo nome. In ordine sparso e non esaustivo, ad esempio, notiamo che il decreto legge prevede che le operazioni di concentrazioni  ”connesse, contestuali o previste” dal piano di salvataggio del commissario straordinario ”non sono soggette ad autorizzazione ai sensi della normativa antitrust”. Il decreto spiana così la strada all’integrazione tra asset operativi di Alitalia e la compagnia Air One, prevista dal piano di salvataggio messo a punto dall’advisor Intesa Sanpaolo.

Se questa fraseologia vi porta a temere che la nuova compagnia nasca grazie ad una robusta compressione delle prerogative dell’Antitrust (cioè in soldoni, che gli utenti pagheranno parte del conto attraverso minore competizione), rinfrancatevi: il decreto prevede comunque che le parti “sono tenute alla notifica preventiva di tali operazioni all’Antitrust ed alla assunzione di impegni a tutela dei creditori per evitare aumenti dei prezzi o l’applicazione di gravose condizioni contrattuali per l’utenza”. E anche ”stabilita una salvaguardia di sei mesi in relazione ad autorizzazioni, certificazioni e licenze”. Che tradotto vuol dire che l’Antitrust, opportunamente privato di denti e unghie, riceverà comunque la notifica di quello che Alitalia intende fare. E che poi farà.

Altra squisitezza è la previsione di indennizzo di piccoli azionisti e obbligazionisti, ”mediante accesso al fondo di cui all’articolo uno, comma 343, della legge Finanziaria 2006”. E’ il fondo, alimentato dai depositi dormienti bancari e assicurativi, che fu costituito per indennizzare i risparmiatori vittime di frodi finanziarie e danneggiati dal default dei cosiddetti tango-bond, le obbligazioni legate al debito dell’Argentina. Ora, le azioni si chiamano anche “capitale di rischio” proprio perché in esse è implicita la possibilità per l’azionista di perdere il proprio capitale. Il fatto che una società quotata sia controllata in tutto o in prevalenza dal Tesoro non equivale ad una garanzia di rimborso del capitale, checché ne pensino quei bastioni di socialismo ed analfabetismo economico che sono le cosiddette associazioni dei consumatori. A nessuno sfugge, poi, l’ironia di utilizzare per il rimborso denari sottratti al fondo per indennizzare le vittime di crack finanziari quali Argentina, Parmalat e Cirio. Dobbiamo inferire che vi sia una linea di continuità che lega Alitalia a questi dissesti? Meglio, molto meglio sarebbe stato assegnare ad azionisti ed obbligazionisti Alitalia dei warrant a valere sulla NewCo, analogamente a quanto fatto oltre un quarto di secolo addietro in occasione del salvataggio del Banco Ambrosiano. Ma sono dettagli.

Dell’azionariato (i “capitani coraggiosi” o fortunati o altra aggettivazione a piacere) si è parlato diffusamente. Vi è un lieve quanto diffuso fumus di conflitto d’interesse, sia per Intesa Sanpaolo (riguardo alla tutela del proprio grande fido verso Air One), che per la famiglia Benetton, concessionaria pubblica su autostrade e grandi opere infrastrutturali; sia per il gruppo Ligresti, che parteciperà alla grande corsa per la realizzazione di Expo2015. Sinergie? Cattivi pensieri? Forse, sia le une che gli altri. Forse siamo decisamente naif e/o idealisti, ma a noi pare che un sistema-paese sano non si costruisca su queste premesse. A meno di ritenere che sistema-paese sia sinonimo di oligarchia. I capitani si impegnano ad un lock-up quinquennale delle proprie quote: è un bel gesto, ma se le cose andassero storte e la NewCo ricominciasse a macinare deficit e debito, siamo certi che quella clausola avrebbe lo stesso valore dei rinnovi pluriennali dei contratti dei calciatori.

Nel frattempo, è già iniziato il profluvio di dichiarazioni alle agenzie di stampa, dettate da Alemanno, Zingaretti e Marrazzo pro-Fiumicino, e soprattutto dai leghisti pro-Malpensa. Si riproducono quindi le pesanti interferenze politiche che hanno affossato, negli ultimi lustri, la vecchia Alitalia. E’ possibile lasciar fare al management della NewCo, riguardo le scelte di localizzazione aeroportuale? Dovrebbe essere così, se fossimo in un contesto di mercato, ma poiché la NewCo nasce con un’inequivocabile spada di Damocle politica sulla testa, attendersi scelte improntate ad economicità gestionale sembra proprio essere un’utopia per inguaribili liberisti, anche un filino rincoglioniti. Ma non c’è pericolo: questa è una privatizzazione, e chi scrive è trotzkista.

Gli esuberi di Alitalia non finiranno nella pubblica amministrazione, assicura il ministro della Funzione Pubblica, Brunetta. E’ confortante saperlo, se non fosse che pochi minuti dopo questa dichiarazione il ministro del Welfare, Sacconi, ci informa che gli esuberi potranno contare su sette anni di garanzia reddituale, tra cassa integrazione e mobilità. Sette anni, avete letto bene. Non esattamente un modello di welfare-to-work, si direbbe. In effetti, nell’azione di questo governo in politica industriale si coglie un profumo d’antico, di dirigismo, di cassa integrazione straordinaria prorogata sine die, di alleanza tra potere politico e grande industria assistita. Dai soldi dei contribuenti. Troncare e sopire, tagliare la spesa pubblica per accumulare munizioni da utilizzare per altra spesa pubblica assistenziale. E’ qualcosa di più di un sospetto.

Ora attendiamo di vedere i numeri, e le condizioni di acquisizione degli asset sani di Alitalia da parte della NewCo. Che auspicabilmente dovrà avvenire a condizioni di mercato. Ma si tratta solo di un auspicio, per l’appunto. I principali asset di Alitalia sono i suoi intangibles: slot e marchio, oltre al market power domestico di cui sarà dotata. Non sono gli aerei, mediamente vecchi e assetati di carburante. Se la cessione degli asset produttivi alla NewCo avverrà a condizioni competitive (oseremmo dire “di mercato”, se non fosse così terribilmente demodé) e non a stralcio (per dare la “dote” ai capitani coraggiosi), sarebbe forse possibile per il commissario della BadCo procedere alla messa in liquidazione ed al rimborso dei debiti, e magari anche alla distribuzione di un piccolo attivo pro-rata per i creditori. Ma anche questo resta un auspicio.

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