Nei giorni scorsi Rowan Williams, arcivescovo di Canterbury, ha pubblicamente approvato il divieto di vendita di titoli allo scoperto adottato anche dai regolatori britannici nell’illusione di frenare le vendite ed i ribassi di borsa. L’arcivescovo di York, John Sentamu, ha rincarato la dose, definendo “rapinatori di banche” i traders che hanno tratto profitto dai ribassi. Parole sante.
Se non fosse che la Chiesa Anglicana, nell’ambito della gestione del proprio patrimonio mobiliare (stimato in 5,5 miliardi di sterline) ha autorizzato la pratica del prestito titoli, che consente ai ribassisti di effettuare vendite allo scoperto. Non solo. I consulenti della chiesa anglicana hanno investito 13 milioni di sterline nel Man Group, il più grande hedge fund quotato nel Regno Unito, ed alla fine del 2007 hanno liquidato cartolarizzazioni di mutui per 135 milioni di sterline.
Williams, che nei mesi scorsi era salito agli onori delle cronache per aver suggerito di inserire alcuni aspetti della Sharia nella legislazione britannica al fine di “promuovere la coesione sociale“, non si è scomposto ed ha mandato a dire che la chiesa ha investito in una serie di strumenti finanziari per “evitare di assumere rischi eccessivi” nella gestione dei propri investimenti. Che è poi quello che i venditori allo scoperto contribuiscono a realizzare. Amen.