Secondo le elaborazioni di questo sito, General Electric (che fruisce, tramite GE Capital, dei fondi del TARP) aveva, al 31 dicembre scorso, un tangible common equity di 5 miliardi di dollari, 9 in meno del trimestre precedente. Ciò significa che il suo leverage, cioè il quoziente tra tangible assets e tangible common equity era giunto allo psichedelico valore di 140, da 54 che aveva al 30 settembre. General Electric oggi quota intorno a 11 dollari, che vuol dire un calo dell’81 per cento dal massimo storico di tutti i tempi, segnato nel 2000, e del 36 per cento da inizio anno.
C’è anche un caveat: il calcolo non considera i veicoli fuori bilancio né è in grado di discernere quanti, tra gli altri asset, siano in realtà degli intangibles. Il che significa, in parole povere come il nostro presente e futuro, che il leverage effettivo potrebbe essere ben superiore al valore a tre cifre ricavato. Detto in altri termini, che gli azionisti ordinari potrebbero essere spazzati via da un battito d’ali di farfalla. E mentre le agenzie di rating confermano la tripla A alla società (perché in fondo c’è ancora aria di carnevale), il mercato inizia a considerare la più grande conglomerata/finanziaria del pianeta come prossima all’insolvenza. E se General Electric si dissesta, è la fine di un’epoca. E non solo di quella.