Anche questa non è male

Si chiamano retention bonus perché servirebbero a trattenere i “migliori” manager presso una società. Eppure, la ormai mitologica AIG – parte assicurazione, parte hedge fund abusivo, parte “fabbrica di milionari” (viste le erogazioni ai propri manager) – è riuscita a pagare i retention bonus a undici persone che oggi non sono più in società, essendosi dimesse subito dopo aver ricevuto la gratifica. Qui occorre chiedersi se le due specie umane prevalenti negli Stati Uniti sono idioti e predatori. Oppure, per usare l’understatement di Andrew Cuomo (per il quale facciamo il tifo, sperando di non apparire troppo forcaioli)

“AIG ha creato 73 milionari nella divisione che ha perso così tanto denaro da mettere in ginocchio l’intera azienda, costringendo al salvataggio da parte dei contribuenti. C’è qualcosa di profondamente sbagliato in questo esito”.

Nel frattempo, al Congresso stanno scervellandosi per annullare il pagamento del bonus pur salvaguardando la strana santità del contratto. Strana perché non si comprende per quale dannato motivo un’azienda in perdita, e sotto rianimazione per continua infusione di denaro pubblico, dovrebbe pagare un bonus. L’ultima proposta è di un deputato Democratico del Michigan, Gary Peters, che ha presentato alla Camera un progetto di legge ad aziendam che prevede una sovrattassa del 60 per cento sui bonus superiori ai 10.000 dollari pagati da imprese controllate dal Tesoro per oltre il 79 per cento. Ad oggi, solo AIG. E non è tutto: il Democratico Chris Dodd ha fatto inserire nel pacchetto di stimolo da 787 miliardi una restrizione ai compensi degli alti dirigenti che tuttavia prevede un’eccezione per i bonus contrattualmente pattuiti prima dell’11 febbraio 2009, quindi anche quelli di AIG. Dodd sarebbe stato anche il principale destinatario di erogazioni elettorali da parte di AIG, nel 2008, con una somma di 103.100 dollari. Di farsa in farsa. C’è del marcio in America.

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