*Post fintamente tecnico. Richiede solo concentrazione, come al gioco delle tre carte. A dire il vero neppure quella, visto che il gioco è truccato.
Altra variante sul tema del gaming del PPIP. La banca A e la banca B hanno sui propri libri un titolo, che entrambe valutano 50. I trader delle due banche si accordano, e realizzano un trade incrociato, partecipando al PPIP: la banca A entra nel veicolo speciale d’investimento, e compra il titolo della banca B per 80, e viceversa. Per effetto delle modalità di leva finanziaria prevista dal PPIP, la banca A paga solo 6,5 dollari per il titolo appena acquisito, mentre lo zio Sam ci mette i restanti 73,50, ripartiti in 6,50 dal Tesoro (i mezzi propri del veicolo d’investimento) e 67 dalla FDIC a titolo di prestito. Identica operazione ed identici importi entrano in gioco per la banca B.
A scadenza, e tra la costernazione generale, si scopre che il titolo pagato 80 nello scambio taroccato valeva in realtà solo 50. Sarebbe già ottimistico, perché indicherebbe che le banche, originariamente, avevano correttamente prezzato i titoli tossici. Ipotizziamo che ciò sia vero. Per effetto del prezzo finale (pari a 50), i mezzi propri del veicolo (pari a 13 dollari, suddivisi a metà tra banca partecipante e Tesoro) sono spazzati via, il veicolo d’investimento dichiara default e riconsegna al creditore (cioè alla FDIC) il titolo del valore di 50.
Quindi: il Tesoro perde 6,50 dollari, la FDIC 17. Lo zio Sam, in definitiva, perde 23,5 dollari moltiplicati per due, perché sia la banca A che la banca B hanno fatto ricorso alla stessa operazione. Ognuna delle banche private, per contro, ha in avere 30 dollari di plusvalenza (per aver venduto a 80 un titolo che valeva 50), e in dare 6,50 dollari (la perdita per il default del veicolo che ha partecipato al PPIP). Utile netto per ogni banca: 23,5 dollari.
Si conferma quindi ad abundantiam che l’operazione rappresenta un trasferimento netto di ricchezza dal contribuente al sistema bancario, grazie ai vasti margini di manipolazione dei prezzi attuabili dalle banche. In questo caso, con modalità pressoché identiche a quelle che consentivano ad Enron di farsi beffe del governo nel trading di energia. Non si inventa nulla, ma perseverare è diabolico.