L’Agenzia italiana del farmaco, Aifa, ha deciso di non modificare la propria delibera del 30 luglio scorso, che autorizza l’introduzione in Italia della pillola abortiva RU486, perché tale delibera è “già pienamente coerente con l’esigenza di garantire che il percorso abortivo avvenga in ambito ospedaliero”, secondo la direttiva del ministo del Welfare, Maurizio Sacconi. Premesso che la somministrazione avverrà nelle strutture sanitarie indicate dalla legge 194, l’Aifa si dichiara incompetente a determinare se la somministrazione della Ru486 debba avvenire in modalità di ricovero ordinario o in regime di day hospital.
Ma a Sacconi ciò non sta bene, e punta i piedi: o ricovero ordinario, o ciccia. Siamo alla farsa a oltranza da parte di un ministro che alla farsa ormai ci ha abituato. Dobbiamo darli, questi maledetti tre giorni di ospedalizzazione senza la condizionale, altrimenti saremmo di fronte ad una intollerabile “privatizzazione” dell’aborto, e bruceremmo tutti all’inferno, come ha richiamato anche oggi l’ex presidente del Pontificio consiglio per la pastorale degli operatori sanitari, cardinale Javier Lozano Barragan, non prima di aver specificato, tra gli altri anatemi di giornata, che gli omosessuali il paradiso se lo possono scordare.
Prima ancora era l’asserita “pericolosità” di un farmaco rimasto da noi in “sperimentazione” per oltre un decennio, mentre è utilizzato da tempo nel resto d’Europa. E’ il ritorno di quella stessa statolatria che vuole sequestrare il nostro corpo in situazioni senza ritorno, e contro la nostra stessa volontà, probabilmente per rafforzare quello stesso “vitalismo” che la teoria sacconiana mette alla base anche della crescita economica. Toccato il fondo, si comincia a scavare. Ma forse qualcosa ci sfugge: se è prerogativa del governo disciplinare le modalità cliniche di somministrazione della Ru486, perché non lo fa?