Una precisazione (in assoluta controvoglia, detestando il cicaleccio sul nulla) al sempre analitico Enzo Reale, che accusa questo sito di essere mutato geneticamente, ricorrendo ad una pregevole serie di offtopic che merita citare (a ognuno il proprio quarto d’ora di popolarità):
E’ un fenomeno che andrebbe studiato questo: radicali che diventano finiani, liberali che tessono le lodi dei giustizialisti, amerikani che difendono le repubbliche islamiche e via col vento. Denominatore comune: Berlusconi boia.
Uhm. Il post incriminato dal custode della purezza ideologica liberale è questo. E’ un post che segnala il successo di un prodotto editoriale che ha mercato. Mercato, understood?
Un prodotto che non si attacca al vostro lavoro, nel senso che non fruisce di sussidi pubblici a parte quelli, miserrimi, delle agevolazioni postali che, molto opportunamente, il governo sta (forse) per dismettere. Poiché l’autore di questo sito si occupa di economia, è uno sporco mercatista e detesta i sussidi (soprattutto quelli a piè di lista e spesso senza aver dietro neppure una redazione, come mostrano i dati del Dipartimento Editoria della Presidenza del Consiglio), non si può non plaudere al successo editoriale del Fatto. Piaccia o meno, come del resto precisato nel post.
Pareva non vi fosse bisogno di ulteriore dettaglio, ma evidentemente ad alcuni post e per alcune audience servono sottotitoli e disegnini. Quanto al Giornale, nello stesso post è stata criticata la prima pagina di qualche settimana addietro, quando si puntava il dito contro il denaro che Grillo riesce a farsi sul mercato, con un florido merchandising. Ancora una volta, è il mercato, bellezza (si fa per dire). Giornali, poker online, escort o mignotte di popolo, dvd di Grillo o di Benetazzo: non spetta a nessuno di noi giudicare il modo in cui i consumatori spendono il proprio denaro, anche quando ci verrebbe spontaneo dire (e spesso lo diciamo anche, ma in privato) che uno sciocco ed i suoi soldi si separano presto. L’importante è non spiegare al mondo come stare al mondo. Quello è più da Andrej Vishinskij che da Alexis De Tocqueville.
P.Q.M., le critiche da Comitato centrale nordcoreano e le accuse di tradimento ideologico il buon Reale, da troppi anni con un’improbabile quanto stucchevole bacchetta in mano, vada a rivolgerle altrove. E con lui, tutti i numerosi liberali alle vongole che, accecati dalla loro ideologia, stanno evidentemente ignorando che questo paese si è incamminato su una china pericolosissima, fatta di inazione, declino e complacency, come direbbero gli anglosassoni di mercato. Il dramma è che non esiste ad oggi alcuna forza in grado di invertire la tendenza. Né a livello di classe politica (ma quando mai) né, soprattutto, tra piccoli ed improbabili editorialisti, inebriati dalla loro bollicina autoreferenziale. Foresta e luna, ragazzi, non albero e dito.