Qui sotto le proiezioni di crescita dei paesi dell’Eurozona nel quinquennio 2010-2014, elaborate da Ernst & Young. Si tratta di valori non dissimili da quelli ottenuti da altri modelli. Salta immediatamente all’occhio che i paesi che cresceranno meno della media di Eurolandia sono proprio i PIIGS, incluso il paese che ne uscirà meglio di altri. Riusciamo a comprenderne il motivo? Troppe tasse, che rallentano la crescita? Oppure una bassa crescita tende a produrre deficit più elevati, che finiscono con l’essere colmati non attraverso tagli alla spesa bensì soprattutto per mezzo di aumenti d’imposta?
Come che sia, con questi tassi di crescita ci si possono attendere solo guai, sia in ipotesi di rialzo dei rendimenti indotto dalla crescita altrui, che in caso di aumento del premio al rischio sui paesi che crescono meno. E, peraltro, le due circostanze non sono slegate: se un paese vede aumentare il peso del servizio del debito, a causa di crescita insufficiente, si troverà costretto a pagare tassi sempre più elevati, per l’aumento del premio al rischio di insolvenza.
Le stime di Ernst & Young ipotizzano una crescita del Pil italiano dell’1,5 per cento medio nel periodo 2012-2014. Altre previsioni, come quella dell’Economist Intelligence Unit, prevedono invece uno striminzito 1 per cento di crescita reale nel periodo 2013-2014. Ma oggi non è il caso di parlare di queste minuzie: strateghi e scacchisti della domenica sono all’opera per spiegarci di come Silvio abbia vinto, e vinca sempre. A perderci, soprattutto tempo, resta il paese.
(HT: FT-Alphaville)