Macromonitor – 13/2/2011

Le asset class più rischiose continuano a ritoccare al rialzo nuovi massimi di ciclo, mentre i prezzi del debito pubblico calano lentamente ma costantemente. Alla base di questo movimento vi sono un crescente ottimismo sulla crescita, utili aziendali in aumento e l’attenuazione pro-tempore delle minacce che tendono a spingere i mercati verso liquidità ed investimenti a basso rischio. La settimana ha visto una significativa revisione al rialzo delle previsioni di crescita per l’area euro, guidate da dati macro migliori delle attese e che sembrano suggerire che l’economia stia soffrendo meno del previsto della stretta fiscale attuata dai governi settimane addietro.

Nel reddito fisso, il debito governativo ha continuato a muoversi al ribasso, soprattutto negli Stati Uniti, mentre in Eurolandia i periferici hanno sottoperformato, guidati dal debito pubblico portoghese e da indiscrezioni di disaccordi (del tutto prevedibili, come più volte segnalato) tra i leader dell’Unione europea riguardo le modifiche al fondo di stabilizzazione finanziaria. Il debito dei paesi emergenti in valuta locale è rimasto invariato contro quello dei mercati sviluppati, sia nel corso della settimana che da inizio anno. I timori di inflazione continuano a spingere in rialzo i rendimenti dei paesi emergenti.

Sul mercato azionario, il rialzo di circa il 20 per cento dalla fine di agosto dell’indice S&P 500 è il più forte dal 2009, e solleva domande riguardo la sua sostenibilità. In particolare, e su base statistica, il rialzo del 50 per cento dalla fine ufficiale della recessione (giugno 2009), si confronta con un rialzo medio per queste fasi del ciclo del 20-30 per cento verificatosi nelle precedenti recessioni. Questo dato va tuttavia raffrontato con il ribasso storicamente violento che lo ha preceduto (pari al 40 per cento contro una media storica del 10 per cento nelle precedenti recessioni statunitensi). Inoltre, il rialzo da giugno 2009 è stato comunque inferiore all’aumento degli utili verificatosi nello stesso periodo, e pari a circa il 70 per cento. Da ultimo, le valutazioni azionarie appaiono comparativamente più a buon mercato rispetto a quelle obbligazionarie, in termini di rendimenti.

Sul mercato del credito, mentre le obbligazioni societarie soffrono per i motivi evidenziati, quelle statunitensi beneficiano ancora di robusti dati economici e del forte interesse degli investitori, con afflussi di portafoglio in via di ulteriore accelerazione, che hanno beneficiato soprattutto le obbligazioni ad alto rendimento, il cui spread in settimana si è ristretto di altri 12 punti-base, e di 75 da inizio anno.

Il mercato dei cambi continua ad essere condizionato dalle notizie sull’inflazione. In settimana si sono registrati l’ennesimo rialzo dei tassi cinesi, la mancata stretta in Corea, dati inflazionistici inferiori alle attese in Norvegia e Svizzera, e forza del dollaro contro praticamente tutte le valute globali. L’assenza di trend durevoli, che influisce sull’andamento erratico dei mercati, sembra destinata a persistere, poiché al momento pressoché nessun paese offre la combinazione ideale di alti tassi, forte crescita, inflazione crescente e banca centrale aggressiva, che è quanto serve per affermare condizioni di tassi reali positivi e crescenti, il driver principale del mercato dei cambi.

Riguardo le materie prime, il Dipartimento dell’Agricoltura statunitense questa settimana ha abbassato le stime delle scorte di mais al livello più basso dal 1995 e di molto sotto le stime del mercato. Ogni ulteriore riduzione si tradurrà in penuria fisica fino al prossimo raccolto. Fuori dagli Stati Uniti, la domanda resta sostenuta a causa sia delle forti tensioni sociali interne a molti paesi nordafricani e mediorientali (che hanno indotto e inducono i governi ad incettare materia prima sui mercati internazionali) sia dagli esiti di condizioni meteo avverse in molte regioni di produzione. Il greggio è in rialzo anche questa settimana sulle persistenti incertezze in Medio Oriente. Le proteste si sono ora diffuse ad Algeria, Yemen, Giordania Iran ed anche Arabia Saudita. E’ probabile che i paesi membri dell’Opec, timorosi di ulteriori rivolte e destabilizzazioni, aumenteranno i sussidi alimentari e l’acquisizione di derrate alimentari sui mercati globali. Ciò pone le basi per un graduale aumento della produzione petrolifera allo scopo di massimizzarne gli introiti.

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