Compagni di merendine

Pare che anche Giulio Tremonti sia stato infettato dal virus della sindrome del cacciaballe. La cosa non stupisce, la frequentazione ormai pluriennale con il premier non può lasciare indenni. Nei giorni scorsi, dopo l’assalto della realtà a Parmalat, il ministro aveva proclamato che il governo italiano avrebbe fatto “shopping giuridico”, ed elaborato una legislazione contro i barbari improntata a quanto già avviene all’estero. Immediata l’entusiastica adesione della nostra analitica stampa all’iniziativa tremontiana, definita sbrigativamente dall’Ansa “norma anti-Opa”.

Che norma anti-Opa proprio non è, visto che l’obbligo di Opa da noi scatta al superamento di una quota di possesso pari al 30 per cento. Il proclama di Tremonti si inserisce nella consolidata tradizione dell’invocazione dell’Europa come entità salvifica:

«Lo abbiamo detto: noi abbiamo intenzione di presentare in Europa, tradotta in italiano, la legge francese. Se va bene per l’Europa deve valere anche per l’Italia. Poi ci sono leggi diverse da quella italiana in Germania. Si può anche fare lo shopping di legislazione, non vedo perché una legge che va bene a difendere i lavoratori di un paese non vada bene per difendere quelli del mio paese»

Ha proclamato Tremonti domenica pomeriggio in televisione, ospite della sua consorella in Aspen, Lucia Annunziata, che ha confermato il suo ruolo di watchdog della notizia italiana esalando un meditato “molto interessante” alla rivelazione del ministro. Sarebbe forse stato più opportuno chiedere a Tremonti come e perché da un’acquisizione estera di impresa italiana conseguirebbe una minaccia attuale e potenziale all’occupazione del nostro paese. Sarà per la prossima volta.

Ieri qualcuno ha finalmente deciso che era tempo di verificare la fonte della notizia, e la mitologica legislazione francese sull’interesse nazionale. Il suggerimento, a dire la verità, è venuto da Lactalis stessa, che ieri sera ha emesso un comunicato esprimendo sorpresa

“(…) di fronte a quanto riportato dalla stampa italiana oggi sulla presunta presenza di norme del diritto francese a protezione di aziende francesi del settore alimentare, perché tali norme non esistono. La legge francese non considera l’alimentare un settore stategico da proteggere dal mercato”.

Il Sole 24 Ore ha verificato, e questa mattina riporta l’elenco dei sette settori strategici in senso stretto (riconducibili a Difesa e sicurezza nazionale) per la Francia, quelli ove un investimento da parte di impresa comunitaria necessita di autorizzazione del governo di Parigi. La lista si allunga ad undici settori in caso l’acquirente sia impresa extracomunitaria. Sorpresa sorpresa, l’agroalimentare non c’è! Forse perché la protezione avviene per vie extragiuridiche, mobilitando capitali e risorse, come suggerivamo qui? In fondo, questa sarebbe la reale differenza tra un vero sistema-paese ed uno assemblato a suon di debiti nel parcheggio di un Autogrill italiano.

Certo, fuori dai settori ufficialmente “strategici” i francesi usano a mo’ di golden share non ufficiale il loro fondo sovrano e la Caisse des Dépots e Consignations (equivalente alla nostra Cassa Depositi e Prestiti), come avvenuto per l’acquisizione di Yoplait da parte degli americani di General Mills. Non sappiamo perché, ma l’idea che anche l’Italia possa impiegare a questo modo il proprio risparmio postale ci mette i brividi. E’ comunque interessante il fatto che Tremonti abbia finora preferito percorrere la “via legislativa al patriottismo” anziché imitare i francesi sul piano dell’interventismo proprietario. Alla fine, potremmo scoprire che il ministro ricorre agli annunci destinati all’oblio per evitare di intraprendere effettivamente iniziative nocive al nostro paese. Che sia una ben studiata strategia di riduzione del danno?

Se il problema è una ipotetica “assenza di reciprocità”, il governo italiano sollevi il caso in ogni sede europea, antitrust inclusa, senza abbaiare alla luna. Ma si eviti di lanciare proclami che producono solo il risultato di consolidare l’immagine di un paese ridicolo.

Update del 31 marzo – Sull’investimento pubblico nelle aziende “strategiche” siamo stati evidentemente troppo ottimisti. Ci resta la speranza che questo governo parolaio, dopo quelli causati dall’inazione, non provochi ulteriori danni agendo.

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