Una settimana di sorprese e segnali contrastanti portano alla riduzione delle posizioni più largamente detenute dal mercato: corti di dollaro e lunghi di materie prime. Mosse meno vistose, l’ulteriore recupero dei bond e l’andamento cedente dell’azionario.
Tra gli eventi della settimana, quello forse meno rilevante per i mercati è quanto accaduto in Pakistan, mentre quello più problematico è l’andamento dei sussidi settimanali di disoccupazione statunitensi. Di rilievo anche l’assenza dell’espressione “forte vigilanza” dal comunicato della Banca centrale europea (che eviterà un nuovo rialzo dei tassi sull’euro già nel mese di giugno), l’affermazione della banca centrale cinese circa il fatto che “non c’è limite assoluto” a quanto potrebbe essere fatto per contrastare l’inflazione; il forte ridimensionamento dell’indice dei direttori acquisti del settore dei servizi in Usa e Regno Unito; il calo dei nuovi ordini all’industria tedesca in marzo, anche se la produzione industriale è in ascesa; la robusta creazione di occupazione americana in aprile. In sintesi, l’accresciuta incertezza sconsiglia l’assunzione ed il mantenimento di posizioni direzionali ampie.
Oltre a ciò, si ripropone il rischio di frenate nella crescita dei due paesi col maggiore grado di leva finanziaria, nel settore immobiliare e nei consumi: Stati Uniti e Regno Unito. Si conferma quindi, come tema d’investimento, la vulnerabilità di famiglie, banche e settore pubblico dei paesi sviluppati. Il negativo andamento dei sussidi settimanali di disoccupazione negli Stati Uniti, cresciuti di 90.000 unità nelle ultime quattro settimane (pur nell’apparente presenza di fattori distorsivi temporanei), è in contrasto con la sorpresa positiva fornita dai dati sugli occupati in aprile. Altro elemento compensativo favorevole è il calo di 10 dollari nelle quotazioni del greggio, che si riverbererà presto sulla dinamica dei prezzi dei carburanti statunitensi. L’ammonimento della banca centrale cinese, secondo la quale non ci sarebbe limite ad azioni di contrasto all’inflazione, in apparenza aumenta i rischi di hard landing dell’economia cinese, ed al contempo indica l’accresciuto differenziale di crescita tra paesi emergenti e sviluppati, oltre all’attrattività delle valute emergenti.
Nel reddito fisso, quarta settimana consecutiva di rally dei titoli di stato americani, su debolezza economica e ricoperture. La vistosa correzione delle materie prime ha anche ridimensionato i breakeven inflation rates dei titoli indicizzati all’inflazione. Nel Regno Unito, la debolezza dei dati macroeconomici ha rimosso dal mercato monetario ampia parte delle attese di un imminente rialzo dei tassi ufficiali d’interesse. La periferia dell’area euro è sempre ostaggio del dibattito sulla ristrutturazione greca, mentre si annunciano ammorbidimento dei termini del salvataggio e nuove risorse per sostenere il paese, che non potrà tornare a finanziarsi sul mercato il prossimo anno, contrariamente a quanto ritenuto finora, con mal riposto ottimismo.
Sui mercati azionari globali, i prezzi continuano a muoversi entro il corridoio degli ultimi tre mesi, per l’operare di forze conflittuali. L’indice MSCI World è invariato su tali livelli da inizio febbraio. Nel manifatturiero, la riduzione del rapporto prospettico tra nuovi ordini e scorte nell’indice dei direttori acquisti suggerisce cautela sui ciclici: una correzione delle scorte simile a quella vista intorno alla metà dello scorso anno potrebbe infatti essere in atto. La correzione nei prezzi delle materie prime favorisce l’azionario emergente, perché riduce l’inflazione e la minaccia di una maggiore stretta monetaria.
I corporate bond questa settimana hanno fatto meglio dei credit default swap, verosimilmente perché gli investitori tendono ad usare i Cds per coprire posizioni lunghe sui bond, che vengono mantenuti in portafoglio ritenendone i fondamentali ancora interessanti, in un’ottica di medio periodo.
Sul mercato dei cambi, la settimana ha visto un rimbalzo del dollaro, che aveva raggiunto livelli estremi di debolezza contro pressoché tutte le altre divise. Ma il quadro fondamentale non appare comunque mutato, dato il finora infruttuoso dibattito sul risanamento fiscale americano, ed il fatto che il differenziale di tassi con la zona euro è comunque destinato ad allargarsi nel corso dell’anno, vista la differente impostazione di politica monetaria delle due banche centrali. Come visto in settimana, tuttavia, il dollaro resta capace di avvantaggiarsi di scoppi di volatilità.
Le materie prime hanno ceduto in settimana un vistoso 10 per cento, espresso in dollari, con energia e metalli preziosi a guidare il ribasso. La presa di posizione della banca centrale cinese e l’improvviso ritorno di forza del dollaro, dopo che la Banca centrale europea ha segnalato che per il mese di giugno non è previsto un rialzo dei tassi, sono stati tra le cause della reazione a catena che ha depresso l’asset class. Il ribasso non altera, tuttavia, il quadro fondamentale, che resta caratterizzato da squilibri tra domanda ed offerta favorevoli a produrre nuovi rialzi, esaurita la fase di correzione ed eliminazione dei recenti picchi speculativi. Il Brent resta in backwardation (cioè con prezzi dei futures a scadenza ravvicinata più alti di quelli a scadenza più remota), circostanza che indica che il mercato è sotto-rifornito. I grani risentiranno delle cattive condizioni meteo negli Stati Uniti, e del livello molto basso delle scorte.