Dei delitti e dei Penati

Non sappiamo come evolverà la vicenda giudiziaria che coinvolge in questi giorni Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano, già sindaco di Sesto San Giovanni (punto focale dei presunti illeciti), ex agente Unipol e già stretto collaboratore di Pierluigi Bersani. Anzi, rimuovete pure la vicenda giudiziaria da quanto state per leggere. Il nome di Penati a noi ricorda soprattutto un’operazione effettuata ai tempi della sua presidenza della provincia di Milano, l’inutile acquisto di un ulteriore 15 per cento della società autostradale Serravalle, da aggiungere al 36 per cento che Palazzo Isimbardi già deteneva, al solo scopo di estromettere dal controllo della società il Comune di Milano, all’epoca guidato dall’odiato Gabriele Albertini.

Per compiere quella indecente operazione, priva di qualsivoglia razionalità economica, Penati indebitò la Provincia con l’allora Banca Intesa per un importo di 238 milioni di euro. Promettendo la valorizzazione e successiva dismissione, con collocamento in borsa. Naturalmente, nulla di tutto ciò è accaduto. La quota di controllo della Serravalle è stata ficcata in una holding della Provincia, ed ha visto lievitare (as usual) consulenze e consiglieri di amministrazione. Fino allo scorso anno, quando la Corte dei conti ha ravvisato gli estremi del danno erariale per l’operazione Serravalle attuata da Penati che, secondo la magistratura contabile, avrebbe pagato per l’acquisizione 76,4 milioni di euro in più rispetto al valore di mercato, ed avrebbe arrecato un deprezzamento delle quote detenute dal Comune di Milano (ovvio, visto che il Comune ha perso il premio di controllo), che ora potrà avviare l’azione per danno erariale.

Sempre che la giunta Pisapia voglia far male a quello che resta pur sempre un “compagno”, che lo scorso anno di questi tempi veniva difeso a spada tratta dal neoassessore piddino Pierfrancesco Majorino. La precedente giunta di Palazzo Marino, guidata da Letizia Moratti, aveva messo a bilancio i proventi della dismissione della propria quota di Serravalle. Questa operazione è stata giudicata da Pisapia e dal suo assessore al Bilancio, Bruno Tabacci, pressoché inattuabile, per l’assenza di appeal di una partecipazione azionaria che pare neppure dia diritto ad un seggio nel pletorico cda dell’autostrada. Da qui, oltre che dai tagli nei trasferimenti dal governo centrale a seguito delle manovre continue, la necessità per Pisapia di ricorrere a sua volta ad una manovra correttiva che vedrà (sorpresa, sorpresa) per la prima volta l’introduzione anche a Milano dell’addizionale comunale Irpef, per la quale si parla di uno 0,2 per cento sui redditi eccedenti i 26.000 euro lordi annui, che deve essere la nuova definizione di “ricchi”, secondo la sinistra-sinistra che governa oggi a Palazzo Marino.

Perché vi abbiamo messi al corrente di tutto ciò? Perché questi sono i “dettagli” delle grandi manovre che si svolgono sopra le vostre teste, mentre siete impegnati a guardare i talk show politici sgranocchiando popcorn o (peggio) suonando fischietti e sventolando bandiere. Poi perché, per quello che è accaduto, da contribuenti, possiamo solo augurare a Penati di pagare e pagarla molto cara. In qualche modo, prima o poi, non necessariamente presso la giustizia umana. Sperando, a latere, che i compagni di Palazzo Marino ed il loro Gabelliere Bianco (Tabacci) non massacrino fiscalmente i milanesi, inclusi quelli che sono accorsi ai megaschermi rock di piazza San Fedele, e che presto scopriranno quanto sa di tasse il risotto alla zucca altrui.

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