E’ vero che non è mai simpatico vantarsi di qualcosa. E’ anche vero che il massacro di ieri è figlio di un effetto “palla di neve” che diventa valanga, con i ribassi che causano “chiamate margine” che a loro volta costringono a vendite forzose che generano altre chiamate margine, e questo finisce, ad un certo punto. Ed è verissimo che i mercati si comportano come una moviola impazzita e posta sul fast forward a massima velocità.
Ma è anche vero che i lettori di questo sito, giorni addietro, avevano già ottenuto una chiave di lettura degli eventi prossimi, mentre editorialisti pensosi contribuivano alle emissioni di anidride carbonica e piccoli politicanti mentalmente segaioli offrivano analisi lisergiche della situazione. Su questo sito, giorni addietro, avete potuto leggere, tre le altre cose:
«Che accadrà, ora? Il dato su cui ragionare è che stiamo per avere, negli Usa, una delle maggiori strette fiscali degli ultimi decenni, e questa stretta giunge in corrispondenza di un indebolimento congiunturale causato dal progressivo venir meno degli impulsi espansivi dei precedenti stimoli. Non è un caso che il mercato azionario americano sia in ripiegamento vistoso da oltre una settimana, scontando proprio lo scenario di stretta fiscale che segue l’accordo sul debito. Allo stesso modo, l’andamento dei tassi di mercato sui titoli del Tesoro statunitense è in caduta libera da settimane, al prendere corpo dei timori di un “decennio perduto” anche per l’economia americana.
I mercati (…) hanno capito che i rischi di ricaduta in recessione sono drammaticamente aumentati, e i Treasury restano un rifugio sicuro, malgrado i rischi di declassamento da parte delle agenzie di rating
Di questa crisi è stata drammaticamente (e tragicamente) sbagliata la diagnosi: quando le famiglie e le imprese risparmiano per ripagare i debiti, il settore pubblico non può puntare al pareggio di bilancio, perché ciò finisce col produrre devastazioni e ricadute in depressione. Questo non è keynesismo, ma una banale analisi dei flussi finanziari settoriali dell’economia.
Prepariamoci a ballare, a meno dell’ennesimo intervento “salvifico” della Fed, il metadone di un’economia profondamente malsana e ben lungi dal risanamento»
Attendendo la terza puntata dell’easing quantitativo (mancano pochi giorni a Jackson Hole, in fondo!), è utile ripetere i concetti, anche in un paese senza speranza come il nostro. E ora, tutti ad invocare più austerità “qui-ora-subito-anzi-ieri” per uscire dalla crisi.