(post più o meno tecnico)
Nella pregevole infografica del Wall Street Journal, qui sotto, è spiegato il funzionamento di una delle modalità operative che il Fondo europeo di stabilizzazione finanziaria (EFSF) potrebbe assumere dopo l’ennesimo vertice dirimente per il futuro dell’Europa, previsto per il weekend.
Come si vede, ipotizzando che un paese a caso (ed a forma di stivale) debba raccogliere 100 euro da privati, EFSF emetterebbe 20 euro sotto forma di propri bond, che dovrebbero godere del massimo rating in base alla costruzione del veicolo ed alle garanzie di cui lo stesso sarebbe dotato. L’assicurazione al 20 per cento deriva da ipotesi sulla dimensione del fondo. Questi 20 euro di bond verrebbero posti in un conto segregato, a garanzia dei creditori, e maturerebbero regolari interessi. In caso di insolvenza del paese a forma di stivale (e non solo di quello, ovviamente), i bond sarebbero consegnati ai creditori.
Domanda: cosa fa credere che l’insolvenza sovrana sarebbe “solo” del 20 per cento? Partendo da questa premessa, si comprende che i mercati resterebbero assai freddi rispetto a questa ipotesi di EFSF “assicuratore”, il che è un modo gentile per dire che il “piano” fallirebbe miseramente. Si potrebbe decidere di aumentare la percentuale assicurata, ma in quel caso EFSF dovrebbe crescere di dimensione, se non viene “messo a leva”, cosa a cui i tedeschi si oppongono. Ma se il veicolo venisse ingrandito, il livello di garanzie richieste (e di passività potenziali, contingent liabilities) finirebbe con alta probabilità col far perdere alla Francia la tripla A, e tutta la costruzione crollerebbe.
Senza contare che l’inviluppo dell’Eurozona è tale, a livello di rischio sistemico, che il default di un paese (anche minore) alzerebbe drammaticamente la probabilità di dissesto anche degli altri, via contagio bancario (per tutti quelli che “non c’è nessun contagio”). In altri termini, l’elevatissimo grado di correlazione entro l’Eurozona rappresenta la più seria ipoteca contro la riuscita di qualsiasi struttura di salvataggio.
Per questo motivo i francesi vorrebbero che EFSF diventasse una banca ed avesse alle spalle la Bce, da cui andrebbe ad indebitarsi. In questa circostanza si avrebbe qualcosa di molto simile al bazooka di cui si favoleggia da qualche tempo, e si riuscirebbe (forse) a ridurre in modo significativo i premi al rischio emittente sul debito sovrano, e si potrebbe tentare di avviare un percorso virtuoso, fatto di prescrizioni per il recupero della competitività. E sarebbe utile che tutti ci ricordassimo che, con l’attuale costruzione europea, ogni paese è utilizzatore e non emittente di una valuta emessa da una banca centrale che gli è pressoché estranea. Cioè una vera camicia di forza. Voi vedete qualcosa del genere, in qualsiasi altra parte del mondo? Noi no.
Il problema è che, ora, i due orizzonti temporali rilevanti ai nostri fini (salvataggio immediato dell’area e implementazione di riforme strutturali di recupero di competitività e virtù fiscale) sono drammaticamente divergenti. Prima occorre spegnere l’incendio, poi discutere di grandi riforme. Occorrerebbe pure mettere da parte suggestioni palingenetiche secondo le quali il default è il maggior rito purificatore che il genere umano abbia mai creato. E’ vero, i default sono fatti della vita, e ad un certo momento è persino opportuno accadano. Ma per farli accadere in modo “sicuro” occorre apprestare delle difese, e in caso turarsi il naso di fronte all’inevitabile moral hazard che, in misura variabile, tali “sacchetti di sabbia” implicano.
Perché, come diceva qualcuno, We’re only human, born to make mistakes. L’importante è non diventare diabolici, però.