In un post su Economonitor, la brava Rebecca Wilder spiega che il problema dell’Eurozona, presa nel suo complesso, non è uno di crisi di bilancia dei pagamenti (o delle partite correnti), ma di squilibrio intracomunitario che trova nella contestuale assenza di crescita un detonatore potenzialmente letale.
Utilizzando la similitudine con le “classiche” crisi di bilancia dei pagamenti in paesi emergenti che ricorrono ad un cambio fisso rispetto ad una valuta-guida la Wilder spiega che, in questi casi, al venir meno della fiducia degli investitori internazionali (che rimpatriano i propri fondi), di solito la banca centrale del paese emergente ingaggia una lotta perdente con la speculazione, bruciando le proprie riserve valutarie per difendere il cambio. Quando la banca centrale emergente getta la spugna, il cambio si deprezza brutalmente, ed il riequilibrio comincia.
In Eurozona vi è un serio problema di squilibri nelle partite correnti intracomunitarie, con la Germania in vistoso surplus ed i paesi del Club Med in deficit, a seguito di una perdita di competitività di questi ultimi, accumulata negli anni. Se ogni paese avesse il proprio cambio, tutto si risolverebbe con un drastico deprezzamento di quello dei paesi in deficit delle partite correnti. Essendo invece in una unione valutaria senza unione fiscale, si tenta di raggiungere lo stesso esito con una sorta di deflazione interna, in termini reali, ottenuta tramite stretta fiscale nei paesi non competitivi. La cosa funzionerebbe anche, se solo ci fosse robusta crescita globale. Poiché così non è, al momento, la situazione si sta rapidamente avvitando in una spirale mortale.
C’è da aggiungere, e non per la prima volta, che un deficit delle partite correnti è un surplus delle medesime visto allo specchio: sono le due facce dello stesso squilibrio. Chiedere, anche in modo vagamente cogente, ai paesi non competitivi di diventarlo è formalmente corretto, a patto di avere presente che è piuttosto difficile che tutti i paesi di un’unione valutaria diventino esportatori netti, perché se così fosse i problemi aumenterebbero, invece di risolversi.
Sono cose già dette, lette e sentite, più e più volte, ma ripeterle non fa mai male. A questo punto, in attesa che il Portogallo e la Grecia divengano come la Germania, magari attraverso l’appalto al Bundestag ed alla Cancelleria della loro politica economica, serve un trasferimento di risorse dal blocco in surplus delle partite correnti a quello in deficit. Oppure la dissoluzione dell’euro. Ai tedeschi la valutazione di quale delle due soluzioni è la meno onerosa per loro.