Per non morire dissanguati

Il professor Gustavo Piga ha lanciato un appello al governo Monti affinché venga negoziata in sede europea la possibilità di rallentare la marcia verso il pareggio di bilancio. I motivi sono o dovrebbero essere piuttosto intuibili, in caso contrario li facciamo riepilogare a Piga ed al testo dell’appello.

La proposta è degna di attenzione perché prende le mosse dall’ultimo rapporto del Fondo Monetario Internazionale sulla Grecia, in cui si prende atto che il paese è entrato in una spirale mortale in cui le strette alimentano recessione, che causa sforamenti rispetto ai target di consolidamento, che richiedono nuove strette. La domanda da porsi è: l’Italia è come la Grecia? No e si. No perché siamo (ancora) una potenza manifatturiera con un export vitale ed in grado di mietere ancora rilevanti successi. Ma la risposta è anche affermativa perché il nostro rapporto debito-Pil è di tipo “greco”, ed il rischio di entrare in un avvitamento fatale sta aumentando di settimana in settimana. Ma soprattutto la desolante assenza di crescita, a cui la rapidità della correzione sta contribuendo in modo decisivo, appare il vero fattore in grado di causare danni incalcolabili ed irreversibili.

In molti (noi inclusi, a dire il vero) potrebbero obiettare che ogni deflessione dalla tabella di marcia teutonica che ci siamo hanno imposta è un poderoso incentivo al lassismo fiscale. Le cose non stanno esattamente in questi termini. Nel caso italiano, l’urgenza di agire (resa massima dalla incuria del precedente esecutivo, oltre che dal precipitare degli eventi sui mercati, dopo alcune scelte decisamente suicide della Ue) ha prodotto la risposta caratteristica di queste situazioni: una terrificante spremuta fiscale, destinata a produrre danni permanenti (ad esempio sul mercato immobiliare del paese).

Una timetable di rientro verso il pareggio di bilancio che tenesse conto di una riduzione del rapporto deficit-Pil secondo tappe calibrate sul ciclo economico (quindi sul deficit strutturale), permetterebbe di ridurre i rischi di circolo vizioso in cui stretta chiama recessione che chiama stretta, e manterrebbe in essere la cogenza del percorso di rientro già negoziato con l’Unione europea. E, nella sostanza, questo è quanto l’appello di Piga chiede. Un giorno gli storici dell’economia verseranno fiumi di inchiostro sulla estrema prociclicità di questo cosiddetto consolidamento fiscale europeo, e ci considereranno dei purissimi imbecilli.

Oggi, che lo stesso FMI ha preso atto che l’austerità non porta necessariamente a ridurre gli spread ma più probabilmente (dato il contesto globale) al suo contrario, esiste una non marginale probabilità che siano gli stessi vertici europei (e l’egemone tedesco) a prendere atto, nel corso del 2012, che serve una correzione alla traiettoria di rientro, rendendola meno ripida. Partiremo dal canarino portoghese nella miniera di Eurolandia, e giungeremo a Roma. Sperando di essere ancora in tempo.

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