Da domani, con Libero, torna in vita la celeberrima collana dall’impegnativo titolo “Manuali di conversazione politica“, che poi sono quelli che il Pdl realizza quando si trova all’opposizione o nella maggioranza ma con le mani legate ben strette dietro la schiena, come nella situazione attuale, in cui ha votato la fiducia al governo Monti e continua a sostenerlo malgrado crescenti mal di pancia tra i suoi peones e caudillos, e malgrado Silvio Berlusconi intervenga ad intervalli regolari a troncare e sopire, sostenendo che, oggi, non si può “staccare la spina” al governo del professore bocconiano.
Il “manuale” in vendita da domani si intitola “Maledetto spread“, ed è curato da Renato Brunetta e dal direttore Maurizio Belpietro. E per la solita esigenza delle promo-comparsate, Brunetta sta spuntando un po’ ovunque, sui media, per spiegare che il governo Monti sta facendo esattamente quello che il governo Berlusconi aveva iniziato a fare, in una sorta di continuità liberale, appena mitigata dalla differenziazione su misure di apertura dei mercati: Brunetta ed il Pdl non ritengono che serva incarognirsi sui taxi (ma nemmeno sulle professioni, a sentire Gasparri e Cicchitto), bensì sui pesi massimi della chiusura dei mercati: rete gas, ferrovie, poste. Vi chiederete perché tutte queste opere ciclopiche non siano state portate a compimento dai governi Berlusconi ma solo “abbozzate”, perlopiù durante il sonno, nell’ultimo decennio. Sarebbe tuttavia una domanda buona per lo specchietto retrovisore, più che per la strada che abbiamo davanti.
Chiediamoci invece come gestirà il Pdl questa fiducia malpancista a Monti, di qui a fine legislatura. Se il partito sposerà la linea brunettiana e berlusconiana (almeno di oggi) di continuità di Monti con il governo del Cavaliere, qualcuno potrebbe chiedere conto del perché Monti sarà (forse) riuscito in un anno e mezzo dove Berlusconi ha fallito in dieci anni, al netto del solito complotto massonico e delle agenzie di rating. Si confermerebbe, in quel caso, che il Pdl ha guidato un esecutivo di conservazione ultra-corporativa che ha affondato il paese. Anche la redenzione obtorto collo dell’appoggio al governo Monti dovrebbe indurre l’elettorato con discreta densità di neuroni e sinapsi funzionanti a chiedersi perché votare per il ritorno dell’imitazione anziché per l’originale incumbent (“comprereste da Silvio Berlusconi un governo usato?”), e chiedere quindi a gran voce a Cincinnato Monti di aspettare a tornare a coltivare il proprio orticello. Questo qualcuno potrebbe essere il Terzo Polo (e Casini, nella fattispecie), che ha in qualche modo (molto all’incirca) conservato un qualcosa che assomiglia ad una verginità politica, negli ultimi anni. In quel caso, caro Brunetta, addio fichi.
Ma anche per il Pd sarebbero momenti difficili, pur potendo contare (si fa per dire) sul più berlusconiano dei progressisti, Matteo Renzi, anch’egli impegnato con grande attenzione a monitorare la discesa dello spread per dirsi pronto a servire l’Italia da bere (nell’amaro calice), in caso fosse “costretto” a scendere in campo, e già prontissimo ad imbalsamare in qualche museo quel Monti che, pare, abbia adottato 41 delle 100 proposte uscite dall’ultima Leopolda, ma che non è liberale quanto dovrebbe. C’è sempre qualcuno più imitatore di te che ti imita, si direbbe.
Come potrà quindi il Pdl sostenere Monti ed evitare l’accusa di catastrofico fallimento che ci ha portati sin qui? La risposta spetterà agli italiani, che notoriamente sono privi di memoria di breve termine. Quindi il Pdl può ancora sperare, se non finirà spappolato da qui alla primavera del 2013. Nel frattempo, una facile profezia: il motore azzurro salirà di giri al ridursi di spread e rendimenti del Btp. In attesa, ingannate il tempo con i manuali di amnesia politica ricordando che, in un paese normale, nessuna persona sana di mente assegnerebbe probabilità maggiore di zero al ritorno di Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi. Che stavamo dicendo? Mi sono scordato…