Con colpevole ritardo, segnaliamo il rapporto della Troika sulla situazione finanziaria della Grecia, e sulla sua sostenibilità. Come premessa il documento, pubblicato dalla Commissione europea, osserva che le misure di austerità adottate da Atene da inizio anno, pari all’1,5 per cento di Pil, consentiranno di raggiungere l’obiettivo di un deficit primario pari all’1 per cento di Pil a fine 2012. Il problema è che, per il biennio 2013-2014, vi è la certezza di “ampie insufficienze di bilancio”, pari ad un terribile 5,5 per cento di Pil nel biennio. Quindi il governo greco, segnatamente quello che uscirà dalle imminenti elezioni politiche, dovrà di fatto riscrivere il bilancio di medio termine con altro inchiostro rosso sangue.
Sempre secondo il rapporto, in caso di applicazione stretta e rigorosa del piano imposto ad Atene, nel 2020 il rapporto debito-Pil dovrebbe scendere al 116,5 per cento, dall’attuale 160 per cento, per poi calare sotto il livello del 100 per cento entro i successivi dieci anni. Avete letto bene: nel 2030, futuro remotissimo, le previsioni ipotizzano un debito-Pil greco all’88 per cento. Un successo senza precedenti? Non proprio. Il tutto omettendo il piccolo dettaglio metodologico che previsioni su un simile orizzonte temporale non valgono la carta su cui sono scritte.
Che siate o meno amanti della fantascienza, conviene leggersi le ipotesi di scenario, per avere la misura della bolla psichedelica in cui l’Eurozona è immersa, oltre che del miserrimo stato dell’arte economica, ormai sequestrata dalla politica e ridotta a spacciatrice di alibi fondati su teorie tolemaiche. Dopo un nuovo anno di recessione nel 2012, l’economia greca si stabilizzerà nel 2013 e vivrà una modesta ripresa nel periodo 2014-2017, prima di raggiungere quella che evidentemente alla Commissione appare una crescita da stato stazionario (cioè potenziale) di ben il 2,5 per cento annuo.
Non è tutto: l’altra ipotesi-cardine, necessaria ad abbattere il rapporto debito-Pil, prevede un avanzo primario del 4,5 per cento nel 2014, il che significa un turnaround del 5,5 per cento di Pil in tre anni. Fintanto che l’avanzo primario greco sarà inferiore all’1,5 per cento annuo, inoltre, il debito greco continuerà ad aumentare. Per ottenere questi rapporti di indebitamento, l’avanzo primario è previsto restare altissimo nel corso degli anni, arrivando al 2020 ancora al 4 per cento di Pil e “scendendo” al 3,5 per cento nel 2030. Mantenere questi livelli di avanzo primario per diciotto anni sarebbe forse possibile se la Grecia diventasse una provincia cinese, o fosse aggregata a Singapore. In ogni altra ipotesi diciamo che appare obiettivo molto ambizioso.
Come possa poi un’economia distrutta come quella greca a fare ulteriori manovre pari al 5,5 per cento di Pil per un triennio, è un assoluto mistero. Al libro dei sogni si aggiungono poi gli incassi delle privatizzazioni. Originariamente si favoleggiava di 50 miliardi nel biennio 2011-2012, spingendo anche gli italiani a simili avventate simulazioni. Poi il reality check ha consigliato di scendere a 45 miliardi entro il 2020. Il rischio è che non si riesca a raggiungere neppure i 12 miliardi nel 2014.
Ad evitare di suscitare solo ilarità, il documento si esibisce anche in uno scenario sfavorevole (o più propriamente infausto), nel quale il rapporto debito-Pil potrebbe toccare il 170 per cento nel 2014, per poi calare al 145 per cento nel 2020, una volta assunta la prodigiosa crescita da steady state del 2,5 per cento.
Se avrete tempo e voglia di scorrere le pagine del documento, che trovate qui sotto, gettate un occhio sui dati monetari e creditizi, alle pagine 23 e 24. Scoprirete che le macro-tendenze che minano alla radice la Grecia sono tutte in atto, e si accentuano pure: evaporazione della base di depositi, distruzione di credito, dipendenza del sistema bancario dai finanziamenti della Bce. Come sia possibile stabilizzare il paese nel 2014, con questi effetti di trascinamento, lo sanno solo gli spacciatori che riforniscono la Troika.
Date queste premesse, un ulteriore “salvataggio” della Grecia è una certezza. Avendo presente che oggi oltre 200 miliardi di euro di debito di Atene sono in mano al cosiddetto “settore pubblico”, cioè a FMI, Ue e Bce. Ma il fatto stesso di elaborare simili scenari mostra la natura di illusione (o forse meglio sarebbe dire di inganno) dell’intero esercizio. Ma vedrete che anche così ci sarà qualcuno che ci dirà che la Grecia non è affidabile, e che sono dei pelandroni mediterranei da punire.