Nel giorno in cui Corrado Passera si presenta davanti alla commissione Bilancio della Camera innalzando un enorme cartello con scritto “Okay, panic“, notiamo un interessante titolo di Repubblica, che riesce a vedere mezzo pieno un bicchiere completamente vuoto, forse perché previamente scolato dal titolista.
Quel “ma l’industria riparte” è riferito non ad un dato Istat bensì alle previsioni (la cosiddetta “indagine rapida”) del Centro Studi Confindustria, che per il mese di marzo prevede un aumento di produzione industriale di un grasso 0,1 per cento sul mese di febbraio. Il tutto precisando che a febbraio la contrazione (sempre stimata dal CSC) dovrebbe essere stata dello 0,8 per cento, determinata “anche da avverse condizioni meteorologiche”.
E’ già abbastanza problematico dover ricorrere alle condizioni meteo per giustificare una variazione negativa (cosa che potrebbe pure starci), ma un barlume di logica dovrebbe portare a concludere che, se un calo è dovuto ad eventi una tantum avversi e per definizione reversibili (il meteo), è evidente che il dato successivo dovrebbe essere un vigoroso rimbalzo, non un sospiro statisticamente irrilevante come è un +0,1 per cento. Tutto ciò premesso, titolare “ma l’industria riparte” è da etilometro immediato. E non pensiamo sia bieco ottimismo filogovernativo, che a Repubblica è venuto ormai meno, ma solo sciatteria ed uso improprio della lingua italiana.
L’unico dato effettivo è la distanza dell’indice di produzione industriale dai massimi del remoto aprile 2008: meno 21,9 per cento. Ma questo lo sapevamo già.