Parlando oggi a Bruxelles allo European Business Summit, il premier Mario Monti ha precisato la posizione italiana su crescita e rigore, e lo ha fatto in modo molto equilibrato e complessivamente condivisibile, pur senza accorgersi di qualche lieve incoerenza.
Premesso che l’evento è stato impreziosito da un delizioso tweet del presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, in cui si sostiene che “il tema della crescita non è mai stato assente, solo meno visibile” (sic), il nostro premier ha ribadito il suo no a politiche “vecchio stampo, keynesiane, che favoriscono l’espansione in deficit del bilancio”, perché tali politiche “vanno contro la disciplina fiscale recente senza nessun vantaggio a medio termine per l’economia europea e quella nazionale”. Bisogna invece investire sulle “riforme strutturali” mentre le “spese a deficit” produrrebbero un effetto “effimero”.
Il concetto è corretto, la definizione spregiativa “keynesiane” forse un po’ affrettata. Monti ribadisce l’importanza di un approccio supply-side: “Ora l’Europa ha bisogno di aumentare il potenziale di crescita attraverso riforme strutturali”. Ma è molto importante anche il fatto che Monti riconosca che riforme strutturali e rigore di bilancio non possono nulla da soli perché,
«Se non c’è domanda per i prodotti la crescita non si materializza, tutte le politiche di consolidamento sono deflazionistiche, non portano crescita automaticamente»
Di qui la necessità di agire “velocemente” a sostegno della crescita attraverso più domanda di “un certo tipo, quella cioè che contemporaneamente allarga la capacità produttiva dell’economia, quindi più investimenti infrastrutturali soprattutto a livello comunitario, le interconnessioni e le reti di comunicazioni, energetiche e di trasporto”.
Anche questo è del tutto condivisibile pur se Monti, nella sua “operazione twist” su domanda e offerta, dimentica che affermare (molto correttamente) che oggi c’è un buco di domanda che va colmato con investimenti infrastrutturali è esattamente una analisi ed un approccio keynesiano, oltre ad essere un plateale endorsement a forme di eurobond, pur se non finalizzati a finanziare i debiti sovrani. Che poi è quello che sostengono da sempre i francesi, prima Sarkozy ed oggi Hollande, con quest’ultimo che sta già mandando messaggi molto espliciti in cui precisa che lui non è per far saltare il rigore ma vuole anche la crescita. Senza dimenticare che una balance sheet recession come l’attuale tende effettivamente a produrre drammatici buchi di domanda. In realtà finora ciò in Europa è stato proprio dimenticato, ma si può sempre rimediare.
Quanto alle politiche illusorie, però, una piccola critica al premier noi ce l’avremmo: inserire nel decreto Cresci-Italia stime di aumento del Pil dell’1 per cento annuo per dieci anni come effetto delle liberalizzazioni per poi ridimensionarle poche settimane dopo, nel Def, ad un più “terrestre” più 0,3 per cento è certamente un contributo a combattere le illusioni. A patto che chi le combatte non sia lo stesso soggetto che le produce.