Occupazione Usa: ripresa lenta, fragile e squilibrata

Non è particolarmente esaltante, il dato sul mercato del lavoro statunitense pubblicato oggi e riferito al mese appena concluso. Certo, ci sono revisioni al rialzo nel numero degli occupati nel bimestre precedente, ma complessivamente la creazione di occupazione resta anemica, anche se da inizio anno mantiene ancora (almeno a livello statistico) un passo compatibile sia con il progressivo riassorbimento dei senza lavoro che con le speranze di rielezione di Barack Obama.

Ma i problemi restano, leggendo in controluce. Ad esempio, il tasso di disoccupazione cala all’8,1 per cento da 8,2 in marzo, ma questa flessione non va letta positivamente perché deriva in realtà dalla contrazione della forza lavoro in misura superiore al numero di quanti hanno perso il posto. Per dare due numeri: il tasso di disoccupazione è il rapporto tra numero dei disoccupati e forza lavoro. Nel mese di aprile, secondo le rilevazioni, il primo è calato di 173.000 unità, ma la seconda si è ristretta di 169.000 persone. Quindi, il rapporto (il tasso di disoccupazione) flette, ma non c’è da festeggiare. Infatti, il tasso di partecipazione alla forza lavoro è sceso ad aprile al 63,6 per cento, minimo pluriennale. Forse è il riflesso del progressivo esaurimento dei sussidi straordinari di disoccupazione, ma il calo (almeno per questo mese) resta un’illusione ottica.

Si è poi molto discusso circa il fatto che i brillanti risultati dell’economia statunitense, durante l’inverno, fossero dovuti ad un clima eccezionalmente mite, che avrebbe quindi “anticipato” parte dell’attività economica tipicamente primaverile, come acquisti di tessili-abbigliamento, avvio di nuovi cantieri e ristrutturazioni immobiliari. Un “prestito” che ora la congiuntura starebbe facendosi ripagare. Non sappiamo se è proprio così (alcuni peraltro ipotizzano problemi di destagionalizzazione dei dati), ma di certo le statistiche indicano che il numero di persone disoccupate per motivi legati alle avverse condizioni meteo è stato davvero basso, nel primo trimestre: a gennaio la media mensile di soggetti impossibilitati a lavorare causa meteo è di 424.000 unità, mentre quest’anno il dato è stato di sole 206.000 persone. A febbraio il dato è, rispettivamente, di 311.000 e 178.000; a marzo, di 140.000 e 96.000.

Occorre tuttavia ricordarsi che gli Stati Uniti hanno un rapporto deficit-Pil prossimo al 10 per cento, (anche  per effetto di un gettito delle imposte federali al minimo storico del 15,8 per cento di Pil), che hanno deciso di rinviare al prossimo anno la questione del consolidamento fiscale e che hanno una banca centrale che continua a perseguire una politica monetaria eccezionalmente lasca. Questi sono dati di fatto, anche se il settore pubblico statunitense, a livello statale e municipale, continua a sopprimere occupazione perché le entità locali hanno il vincolo del pareggio di bilancio sulla spesa corrente. La sintesi è che gli Usa restano con grandi problemi irrisolti, e quei problemi potrebbero venire al pettine l’anno prossimo.

Il che ci fa pensare che l’Europa farebbe bene a frenare il passo assassino del proprio consolidamento fiscale perché, se la locomotiva americana dovesse finire in panne, noi europei potremmo solo pregare.

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