Clamoroso al Cibali: Luigi Zingales è “keynesiano“:
«Le economie del sud Europa rischiano di morire non solo di spread, ma anche di un eccesso di cura, ovvero di austerità. Se è giusto ridurre la spesa pubblica, fonte di corruzione e di inefficienze, è anche vero che l’effetto immediato di tale riduzione è un aumento della disoccupazione, che a sua volta causa una riduzione della domanda interna e quindi del Pil»
Keynesiano tra virgolette, s’intende.
Come può esserlo chiunque ceda al buonsenso ed affermi che tagli di spesa finalizzati a colmare i buchi, riducono fatalmente la domanda aggregata nel breve termine, creando condizioni di avvitamento dell’economia, e che tale impatto sarà tanto maggiore quanto più le strette verranno operate in modo sincronizzato tra economie fortemente interdipendenti. Purtroppo, il clima “culturale” che stiamo vivendo in questo psichedelico periodo è arrivato a lavare il cervello alle folle, facendo loro credere che tagli in tali condizioni generino “fiducia”. Bene quindi che un economista della caratura di Zingales riaffermi l’ovvio, squarciando questo velo di austera follia collettiva.
Ma Zingales suggerisce anche una via d’uscita “federale” al contraccolpo dell’austerità:
«Per evitare un avvitamento dell’economia sul modello greco, un’unione monetaria dovrebbe avere un programma automatico di trasferimenti, non solo per le banche, ma anche per i disoccupati»
«Un sussidio alla disoccupazione, omogeneo a livello europeo, finanziato con fondi europei, e amministrato a livello europeo, avrebbe notevoli vantaggi. Ridurrebbe i costi di aggiustamento delle economie in difficoltà senza per questo eliminare la pressione finanziaria per le riforme, perché i soldi verrebbero dati direttamente alla gente e non ai governi. Come per le banche, trasferendo a Bruxelles il potere di supervisione, ridurrebbe gli effetti devastanti della corruzione politica prevalente in sud Europa. Ma, ancora più importante, aiuterebbe a cambiare l’immagine negativa di Europa che si sta diffondendo, attenta agli interessi delle banche, ma non a quelli dei cittadini. Poco servirebbe salvare l’euro, distruggendo il consenso. Senza il quale l’Europa muore»
Scolpito a lettere di fuoco. E quanto è rinfrescante, in questa arsura intellettuale, leggere qualcuno che parla di “avvitamento dell’economia sul modello greco”, e non graffia i vetri con tesi demenziali del tipo che la Grecia non ha attuato alcuna austerità ed è tutta colpa di questi neghittosi e nullafacenti levantini, se ora sono immersi nella disperazione fino agli occhi. Ma dove avevate già letto il “rivoluzionario” concetto dei trasferimenti automatici ed intracomunitari di welfare? Su un piccolo blog di lingua italiana, pare, assieme a numerosi altri concetti, un anno fa di questi tempi:
«Al contempo, però, servirebbe un processo di riforma dei meccanismi di bilancio comunitario che istituisca forme di trasferimenti centralizzati, quale sarebbe un sussidio di disoccupazione europeo per gestire shock asimmetrici, ed un processo di ratifica delle leggi di bilancio nazionali ben più cogente dell’attuale, come si è tentato di fare dopo l’ultima crisi, ammesso e non concesso che ciò sia effettivamente fattibile, visto l’evidente predominio di linee di interesse nazionale»
Ma anche oltre due anni addietro:
«Pensiamo agli stati americani. Quando uno di essi è in recessione, si innescano movimenti di migrazione interna verso stati con migliori opportunità occupazionali. Nel frattempo, scattano misure di protezione di welfare, come i sussidi di disoccupazione, che sono gestite in forma prevalentemente centralizzata dal governo federale. Certo, negli Usa la mobilità interstatale è agevolata anche dall’assenza di barriera linguistica, a differenza dell’Europa, ma ipotizzare la creazione di una gestione centralizzata delle protezioni sociali, magari attraverso ristrutturazione del bilancio comunitario, potrebbe servire ad evitare enormi buchi di bilancio nei paesi colpiti da gravi shock economici, che sono oggi costretti a provvedere autonomamente alla gestione dei sussidi, con un devastante impatto sulle proprie finanze pubbliche, che a sua volta tende a produrre circoli viziosi»
«Ecco, questo è quello che vorremmo sentir proporre da un premier italiano a Bruxelles: una grande visione politica d’insieme, sganciata dalle contingenze domestiche»
Proprio quel concetto, si direbbe. Che è poi quello della chimera chiamata Stati Uniti d’Europa. Ma ora siamo al tornante della storia, come direbbe Giulio nostro: o si fa l’Europa o si va in default. Però voi non date retta, chiedete austerità a dosi crescenti, schnell. Ché poi arriva la fiducia. Con una falce luccicante ed un mantello nero.
Update – Pare impossibile ma, per la precisione e a beneficio di chi continua a soffrire di dissonanze cognitive, serve precisare che l’aspetto “keynesiano” del pensiero di Zingales non è riferito alla “federalizzazione” del sussidio di disoccupazione, bensì alla constatazione che l’effetto immediato di tagli di spesa è “un aumento della disoccupazione, che a sua volta causa una riduzione della domanda interna e quindi del Pil”