Nella temperie di malversazioni e voti di scambio con la criminalità organizzata, e nel mezzo del cammino che al termine di questo tunnel con illuminazione ridotta farà scoprire l’Italia più povera, ferve l’attività di riposizionamento del sistema partitico. A sinistra, la segreteria del Pd ha ormai deciso le nozze con Vendola, votandosi alla reincarnazione della gioiosa macchina da guerra occhettiana ma con ben differenti possibilità di vittoria finale, anche perché a destra il Pdl è ormai in stato di decomposizione avanzata e la Lega confida che anche il proprio elettorato sia colto dalle caratteristiche amnesie che hanno fin qui inchiodato il paese alla propria decadenza, e dimentichi i diamanti di Belsito e gli italianissimi episodi di familismo amorale di questi celti da circo.
Resta il centro, che tenta di riorganizzarsi attorno al totem dell’Agenda Monti, ormai sempre più luogo dello spirito dai contorni evanescenti. Perché l’agenda Monti è nel frattempo stata derubricata a lista di espedienti di assai basso profilo ed è ormai divenuta indistinguibile dall’operato dei governi, di centrosinistra e centrodestra, che nell’ultimo ventennio hanno così alacremente contribuito alla bancarotta del paese. Il programma di Monti ha esaurito da tempo la propria spinta propulsiva, e necessita di essere rivitalizzato e concretamente attuato. E’ vero che Monti non è un dittatore e pertanto deve assoggettarsi a delicati equilibrismi ed al quotidiano suk di partiti falliti che rappresentano ormai solo se stessi ed al massimo i propri avvocati, ma quanto prodotto dalla cosiddetta Legge di Stabilità, in termini di inganno ai danni dei contribuenti, è del tutto inaccettabile e segna il punto di minimo di questa esperienza ministeriale, fra giochi delle tre tavolette di odiosa retroattività fiscale e riduzioni di imposte che appaiono pressoché fittizie.
Per evitare la vittoria elettorale di un cartello di sinistra che regalerebbe al paese nuovi ed insostenibili aumenti di pressione fiscale sotto la forma, a questo giro, di ulteriore imposizione patrimoniale ai danni della classe media ipocritamente definita “ricca”, serve una riorganizzazione del centro politico che scordi di essere centro nell’accezione italiana del termine, cioè di ventre molle generatore di estenuante mediazione e circoli viziosi che non fanno altro che scavare la fossa al paese. Esiste, oggi, la possibilità di un esito del genere? Lecito dubitarne, guardando alcuni protagonisti di quella che rischia di essere l’ennesima operazione di trasformismo e marketing politico.
Soprattutto, lecito dubitare della reale volontà di cambiamento di un elettorato confuso ed impaurito ma che sempre, nella storia d’Italia, ha dato prova di miopia ed incapacità a ragionare fuori dagli schemi di un corporativismo patologico e di cortissimo respiro, e che oggi appare in grado di produrre per reazione solo cumuli di demagogia impotente e cospirazionistica, premiando ad esempio il grillismo. Ecco quindi altri motivi per essere pessimisti sulla prognosi di questo paese, con buona pace delle illusioni di quanti hanno creduto che una crisi profonda e drammatica come l’attuale sarebbe riuscita ad innescare un vero cambiamento. Difficile riformare sotto le bombe della peggiore crisi dell’ultimo secolo ma su questa traiettoria il paese, in profonda crisi di risorse fiscali malgrado le illusioni e le suggestioni di una sinistra che resta profondamente immatura per riuscire a cambiare il fallimentare destino che ci attende, è condannato ad una drammatica implosione. Con o senza l’improbabile (ed ampiamente tradita) Agenda Monti.