Macromonitor – 25/11/2012

Attivi rischiosi e rendimenti obbligazionari in rialzo in settimana su dati economici migliori e segni che il compromesso sul Fiscal cliff statunitense sarebbe prossimo. Ma sul fine anno le posizioni restano molto contenute, e rischi di rinvio a gennaio per accordo fra le parti restano in essere.

Il mercato, come ormai accade da molto tempo, continua a dover essere interpretato non tanto in termini di dati macro o di momentum di prezzo quanto di valore di medio termine, cioè di valutazione del premio al rischio delle varie classi di attivi, confrontato a quello teorico che le stesse dovrebbero avere in questa fase del ciclo economico ed anche in relazione a quali eventi rischiosi potrebbero effettivamente materializzarsi. Lunedì l’Eurogruppo dovrebbe approvare il pagamento di 44 miliardi di euro per la Grecia, ripartito in due erogazioni: una di 31,5 miliardi a dicembre ed una di 13,5 miliardi a gennaio. La maggior parte di tali fondi servirà per il completamento del piano di ricapitalizzazione del sistema bancario greco e per consentire allo stato di far fronte a pagamenti arretrati per 9 miliardi, pari al 4,5 per cento di Pil. Quello che è meno chiaro è il modo in cui verrà gestito il rebus della riduzione del carico di debito per la Grecia. Serve un compromesso tra Germania e Fondo Monetario Internazionale, altrimenti quest’ultimo potrebbe chiamarsi fuori e mettere a rischio tutti i programmi europei di salvataggio, visto che per statuto il Fondo non può prestare a paesi il cui debito appare non sostenibile. Probabile quindi un compromesso che potrebbe passare per la riduzione del tasso d’interesse sui prestiti ufficiali anche fino allo zero o la sospensione del pagamento degli interessi per un periodo di tempo anche protratto, per evitare la svalutazione del valore facciale dei prestiti, che i tedeschi rifiutano risolutamente. Per raggiungere la sostenibilità del debito, alla Grecia serve un alleggerimento degli oneri per 50 miliardi da oggi al 2020.

Sul mercato obbligazionario governativo, l’anno volge di fatto al termine e timori ed attese si spostano quindi sul 2013. Le previsioni ad oggi sono per la prosecuzione ed eventualmente intensificazione del programma di easing della Fed, e sulla richiesta di aiuti ufficiali da parte della Spagna, che consentirà di abbatterne i rendimenti (soprattutto sulla parte a breve scadenza) ma anche la volatilità sul debito dei paesi periferici, incoraggiando gli investitori ad attuare operazioni di carry trade.

Sul mercato azionario, i dati macro cinesi pubblicati in settimana hanno mostrato ulteriore progresso sulla strada della ripresa, in particolare in manifattura, che dopo quasi un anno avrebbe cessato di contrarsi. La conferma di tale ipotesi potrebbe suggerire posizioni di sovrappeso sull’Asia, oltre che sui ciclici.

Sul mercato obbligazionario a spread in settimana si è osservato un restringimento, indotto dai migliori dati macro e dal rafforzamento dell’ipotesi di compromesso fiscale negli Stati Uniti. Qui anche il prossimo anno si attende la prosecuzione del movimento di restringimento degli spread grazie a tassi che restano prossimi allo zero, agli acquisti di titoli ipotecari da parte della Fed, che alimentano una dinamica di rarefazione dell’offerta, a tassi di default che restano bassi e ad una domanda che resta forte, in un contesto di inflazione bassa e crescita debole ed in lieve ulteriore indebolimento. Un’area di potenziale incertezza per l’asset class è data da rischi regolatori legati al completamento di attuazione della legge Dodd-Frank e più in generale (anche fuori dagli Stati Uniti) dal progressivo venir meno delle banche come player ed elemento di stabilizzazione del mercato dei corporate bond, a causa del disinvestimento dei loro portafogli titoli, legato anche ad esigenze di vigilanza ed assorbimento di capitale.

Sul mercato dei cambi, lo yen resta la divisa più osservata dagli operatori, in base al sospetto che l’eventuale vittoria elettorale del partito Liberaldemocratico di Shinzo Abe, il prossimo 16 dicembre, spinga verso politiche fiscali e monetarie eccezionalmente lasche. Lo yen si è deprezzato vistosamente contro praticamente tutte le maggiori divise, e con volatilità in aumento. Anche scontando una attenuazione dei toni maggiormente aggressivi di Abe, relativi alla necessità di indebolire il cambio e “ricondurre all’ordine” la banca centrale, in caso anche cambiandone lo statuto, lo yen resta debole anche per opera della realtà macroeconomica, con un saldo di bilancia commerciale che sta deteriorandosi molto velocemente, soprattutto verso la Cina, per effetto delle tensioni politiche da rivendicazioni territoriali.

In settimana, materie prime in ripresa su tutti i settori, col petrolio che recupera a seguito delle tensioni in Medio Oriente. I metalli base sembrano aver visto i minimi e potrebbero costruire un movimento di progressivo recupero delle quotazioni, dopo le migliori notizie macro cinesi. Alcuni problemi operativi nelle miniere cilene stanno inoltre creando colli di bottiglia dal lato dell’offerta del rame.

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