Oggi il premier ha parlato delle problematiche e delle criticità del servizio sanitario nazionale, in occasione di un intervento in videoconferenza con la fondazione Ri.Med di Palermo. Monti ha detto quello che tutti sanno:
«La sostenibilità futura dei nostri sistemi sanitari, incluso il nostro servizio sanitario nazionale, di cui andiamo fieri, potrebbe non essere garantito se non si individuano nuove modalità di finanziamento e di organizzazione dei servizi e delle prestazioni»
Frase e concetti di una banalità e descrittività assolute. Ma non per tutti.
In primo luogo, riferendosi in prima battuta al plurale, Monti pare svolgere considerazioni comuni a gran parte dei sistemi di welfare sanitario dei paesi occidentali, cioè di società in via di prevalente invecchiamento ed a reddito pro-capite ancora molto elevato. In tali società si osserva un elemento caratterizzante: la forte pressione al rialzo dei costi sanitari, dovuta sia all’invecchiamento della popolazione che allo sviluppo delle tecniche mediche e farmacologiche. Anche il nostro SSN si trova in queste condizioni, con la criticità aggiuntiva di una crisi fiscale che è sotto gli occhi di tutti, e che rende quindi problematico il reperimento di risorse per ogni funzione pubblica.
Monti enfatizza, nel proprio intervento, l'”orgoglio” per il nostro SSN, e quindi (evidentemente) per la sua natura pubblica ed universalistica, oltre che per i suoi standard elevati conseguiti con utilizzo di una quota di risorse nel complesso modesta: nel 2011 la sanità pubblica italiana ha assorbito il 7,6 per cento del Pil, mentre l’intera spesa sanitaria del nostro paese è stata di poco superiore al 9 per cento (fonte Ocse). Facciamo molto meglio di paesi che spesso ci vengono indicati come modello, e conseguiamo questo risultato soprattutto grazie alla dedizione ed alla professionalità del nostro personale sanitario pubblico, e malgrado aree di malaffare non marginali. Considerazione dovuta, e chiusa parentesi.
Ora, pare (visionando il frammento dell’intervento di Monti relativo alla sanità) che in nessun caso il premier abbia parlato della necessità di “privatizzare” alcunché, se mai vi fossero dubbi dopo l’espressione di “orgoglio” per il SSN. Malgrado ciò, c’è stata l’immediata levata di scudi della Cgil. Che fa il proprio mestiere e segue i propri convincimenti ideologici. Su questi pixel non leggerete mai critiche gratuite o espressioni di dileggio per una organizzazione sindacale della storia e della rappresentatività della Cgil, pur permanendo dissenso, anche forte, rispetto alle posizioni prevalenti del sindacato guidato da Susanna Camusso.
Il problema è un altro, ed è il sottotitolo di Repubblica.it, che si inventa un “non pubbliche” che non c’è da nessuna parte (vedi qui sotto, a futura memoria: cliccare per ingrandire), e soprattutto che scompare nel successivo testo dell’articolo. Ora, a meno che a Repubblica.it dispongano di sofisticati strumenti che leggono nel pensiero al prossimo, pare che questo riassunto della notizia sia uno svarione, e neppure lievissimo.
Quanto al resto delle considerazioni di Monti, ribadiamolo: sono banali e del tutto evidenti a chiunque non sia avvezzo a sottoporre la propria testa a frequenti sabbiature. Il problema di Mario Monti è che lui è il termometro di questo paese. E che una parte non marginale di italiani mostrano una elevata propensione a rompere il termometro per non guardare in faccia la realtà. E’ questo il “cambio di cultura” a cui Monti si riferiva, giorni addietro, quando ipotizzava il modo per permettere al nostro paese di uscire dalla crisi. Pare che siamo ancora molto indietro, sotto questo aspetto.