Non sappiamo come andrà a finire l’ultima levata d’ingegno del passato che non vuole passare, altrimenti noto col nome di Silvio Berlusconi. Dopo settimane eufemisticamente definibili imbarazzanti, alla fine il dado è stato tratto, le patetiche primarie del Pdl cancellate, il povero Angelino Alfano rispedito alla reception, con o senza quid. Tralasciamo anche le manifestazioni di ieri da parte della truppa di disperati pidiellini in cerca di ricandidatura, il lancio dell’Ansa a felicitarsi per il ritorno del padrone del partito di plastica, unico caso sul pianeta di costrutto artificiale che mostra segni di decomposizione come fosse organico. Tralasciamo pure il fatto che, vista la data sul calendario e l’ingorgo elettorale ed istituzionale che abbiamo di fronte, l’iniziativa di Berlusconi non appare esattamente dirompente.
L’unica vera incognita è su come Berlusconi condurrà la campagna elettorale, dopo mesi e settimane passati ad incensare e demolire l’opera di Mario Monti, a giorni alterni. In quest’opera di ricomposizione dei resti del paese, degna di un imbalsamatore, Berlusconi potrebbe trovarsi ad incrociare nuovamente la Lega e Giulio Tremonti, nel frattempo alleatisi sul piano elettorale, visto che su quello “ideologico” sono sempre stati piuttosto affini. Che argomenti userà Berlusconi in campagna elettorale, quindi? Forse quello dell’uscita dell’Italia dall’Eurozona, scimmiottando Grillo? Nel frattempo, come ricordava ieri il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, il Pdl si ricompatta nella critica alla politica economica di Monti e (soprattutto) a quella di Angela Merkel.
Se così fosse, e lo segnala ripetutamente il deputato Pdl Giuliano Cazzola, il paese sarebbe esposto all’ennesima avventura da parte di un uomo che fa dell’avventurismo la cifra della propria tragedia umana e politica, contando sulla esasperazione della popolazione per una crisi economica infinita. Ma contando anche sulla caratteristica che da sempre segna la vera maledizione italiana: la tendenza all’amnesia e la mancata attribuzione di responsabilità, con annessa sanzione. Ad ogni giro, si preferisce trovare un nemico esterno a cui dare tutte le colpe, forse questo è parte della nostra cultura e morale cattoliche. Ma questa volta è utile mettere qualche puntino su alcune i.
Riguardo il forte deterioramento economico del paese, esso è frutto di una stretta fiscale impressionante, pari a circa sei punti di Pil in un biennio. Ribadiamolo ad nauseam, a beneficio dei soliti noti che ripetono ossessivamente lo stesso concetto, magari costruendoci pure sopra un morticino di manifesto elettorale: questi sei punti avrebbero comunque avuto un esito di breve-medio termine fortemente restrittivo anche in caso si fosse trattato di esclusivi tagli di spesa e non di aumento di pressione fiscale. Ma chiediamoci anche un’altra cosa: perché l’Italia ha effettuato una simile stretta?
Per rispondere ad un impegno preso con la Ue e la Bce durante il governo Berlusconi-Tremonti: il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013. Ribadiamolo, male non fa: l’Italia è l’unico paese ad aver sottoscritto un simile impegno, ed è rimasta l’unico paese a non aver chiesto dilazioni nel percorso verso il pareggio di bilancio. Della Spagna sappiamo: sforamenti su sforamenti nelle metriche di deficit, continui riaggiustamenti nel percorso di rientro. Un calvario senza fine. Avvenuto peraltro con un governo uscito dalle urne elettorali.
Per l’Italia nel 2013 si profila uno scostamento dagli obiettivi di deficit-Pil, anche se resta da capire se lo scostamento sarà anche di tipo strutturale, cioè se continueremo ad avere un deficit anche al netto delle condizioni del ciclo economico. Il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, ha escluso manovre, perché l’intendimento (in caso) è quello di ottenere un rinvio dell’appuntamento col pareggio di bilancio, ciclico o assoluto. E questa volta anche il Fondo Monetario Internazionale è d’accordo.
Ma torniamo al punto: Mario Monti arrivando a Palazzo Chigi ha trovato i binari già predisposti dal governo Berlusconi, che ha messo la corda attorno al collo del paese firmando quell’impegno, nel disperato tentativo di recuperare credibilità davanti al mondo. Berlusconi e Tremonti possono tranquillamente imputarsi la condizione di grave debilitazione del paese. In alternativa, come del resto stanno già facendo, possono dire che sono stati costretti a firmare quell’accordo con la pistola alla tempia. Se così fosse stato, ora pensano in caso di cercare una improbabile rivincita contro i “poteri forti” globali argentinizzando l’Italia e trasformandola in uno stato-canaglia dei mercati e dei governi, come fosse una sorta di scudo umano di sessanta milioni di persone?
Chi ha votato questi personaggi e si accinge a rivotarli per spirito di rivalsa in scarpe di cartone lo tenga presente, a maggior ragione oggi che la Germania sta lentamente ma inesorabilmente prendendo atto di non poter più proseguire con i diktat fiscali come fatto negli ultimi tre anni, pena la distruzione del continente, oltre che la propria. E’ il destino di Berlusconi: passare per esperto di tutto, dalla “socialdemocrazia” di Matteo Renzi al “drizzone” europeo, ma capire realmente nulla al di fuori delle sue personalissime esigenze.