Sul Ft, un editoriale di Wolfgang Münchau sulla cosiddetta unione bancaria europea, annunciata giorni addietro e che in realtà appare nata morta per gli abituali interessi nazionali che rendono impossibile un approccio realmente sistemico. Ma Münchau compie anche altre considerazioni, relative al ruolo di Mario Draghi, ormai sempre più demiurgo di un’Eurozona senza timone. Ma i rischi di questa supplenza restano altissimi.
Riguardo l’unione bancaria, l’accordo prevede una soglia dimensionale sopra la quale scatta la supervisione diretta della Bce. Come sottolinea Münchau, questo è un purissimo non senso, sotto molteplici aspetti. In primo luogo, una soglia dimensionale “secca” presta il fianco a comportamenti elusivi da parte dei controllati. Le banche prossime a quella soglia potrebbero essere incentivate a scaricare attivi fuori bilancio attraverso veicoli, aumentando l’opacità del sistema. Inoltre, cosa anche più importante, la sistemicità di una banca non è necessariamente legata alla sua dimensione. Non è stato così per le Savings&Loans americane, vent’anni addietro. Non è così in Europa, dove gruppi di banche fortemente interconnesse a livello di garanzie reciproche e prassi di affidamento determinano un elevato rischio sistemico: si pensi alle Cajas spagnole ed alle Landesbanken tedesche.
Altro punto evidenziato da Münchau è il rifiuto tedesco a procedere verso l’unione fiscale per il tramite di quella bancaria, che sul piano logico e funzionale doveva esserne il naturale precursore. Invece, Angela Merkel ha ribadito la propria contrarietà a finanziare con soldi dei contribuenti la ristrutturazione ed ordinata dissoluzione delle banche dell’Eurozona (resolution). In conseguenza di ciò, l’esito più probabile di questa cosiddetta “unione bancaria” resta la creazione di un piccolo fondo di sostegno, alimentato da contribuzioni dei singoli istituti, e per ciò stesso insufficiente. Non è dato sapere quanta parte delle affermazioni di Merkel siano frutto di postura elettorale, ma quello che è certo è che a settembre 2013 manca una vita, e che gli stessi socialdemocratici tedeschi della Spd hanno ribadito che i soldi dei contribuenti (tedeschi) non possono essere utilizzati per salvare banche (non tedesche).
Riguardo la soglia dimensionale prescelta per la supervisione diretta della Bce, essa determinerà il coinvolgimento diretto di non più di 100-150 banche, su un totale di 6.000 operanti nell’area. E’ vero che l’accordo prevede, in linea di principio, che la Bce possa sostituirsi al regolatore nazionale, ma mancano le “regole d’ingaggio” per l’Eurotower. L’intendenza seguirà? Ma quando?
Altra criticità indotta dalla soglia dimensionale prescelta è quella della ricaduta nazionale della supervisione europea. Tenendo i 30 miliardi di asset, la maggior parte delle banche francesi ricadrebbe in supervisione centralizzata, mentre gran parte di quelle tedesche resterebbe fuori. A quel punto, come chiedere al contribuente tedesco di scucire soldi per salvare banche non tedesche? E il cerchio si chiude, col rischio che i “salvataggi” futuri delle banche siano solo una finzione e l’ennesimo “calcio alla lattina”, lungo la strada del dissesto.
Münchau passa poi al ruolo “politico” della Bce e segnatamente di Mario Draghi, l’uomo che in almeno due occasioni ha finora impedito il collasso del sistema. Il sospetto di Münchau (e anche il nostro, per quello che può valere) è che i margini di manovra di Draghi siano più retorici che operativi, e che i veti tedeschi abbiano portato ad un gioco di ombre in cui le misure di sostegno della Bce siano solo un fondale di cartapesta che, prima o poi, i mercati cercheranno di squarciare. La parola a Münchau:
«Quando il presidente della Bce, Mario Draghi, ha annunciato le OMT, la previsione di consenso era che esse avrebbero dato ai governi il tempo per attivare i necessari cambiamenti istituzionali e di policy. Quello che è accaduto, invece, è che le OMT hanno ucciso ogni appetito per l’unione fiscale, ed hanno trasformato l’unione bancaria in un fantasma. L’effetto delle OMT sarà negativo nel lungo periodo perché ha dato ai policy makers un falso senso di sicurezza. Non ne era l’intenzione ma è stato l’effetto. Quando la crisi ritornerà, come mi aspetto, nel 2013, il signor Draghi sarà da solo, responsabile per banche in dissesto, stati in dissesto ed una depressione nella periferia. Mi intriga il pensiero di vedere come farà»
Intriga anche noi. Potremmo vedere il bicchiere mezzo pieno e pensare che, al ripresentarsi della crisi, verranno utilizzati strumenti, operativi e retorici, che spingeranno il dissesto più in là. Ma pensate a quanti anni stiamo perdendo e quante sofferenze stiamo causando. Mai come in queste circostanze il “primato della politica” (quella nazionale, nella fattispecie, in un contesto in cui servirebbe massima cooperazione transnazionale) si conferma in tutta la sua disfunzionalità. Ma alla fine vi diranno che la colpa è tutta e solo della finanza cattiva e della speculazione proterva.