Macromonitor – 6/1/2013

I mercati rischiosi iniziano il nuovo anno in modo molto tonico, mentre i titoli di stato statunitensi ripiegano in modo vistoso, dopo l’accordo dell’ultimo minuto per evitare il Fiscal cliff e le minute della Fed che mostrano una discussione sull’uscita anticipata dall’easing quantitativo.

I mercati si chiedono ora se proprio questi due eventi risulteranno essere determinanti per cambiare lo scenario e le prospettive dei mercati, o non piuttosto eventi tattici di breve termine. Altro elemento su cui si appunta l’attenzione del mercato è la reflazione giapponese, dopo il ritorno al governo dei Liberaldemocratici con Shinzo Abe, sulla scorta di un aggressivo programma di indebolimento dello yen e di lotta alla deflazione. Da metà novembre lo yen si è deprezzato contro dollaro di circa il 10 per cento, mentre il mercato azionario giapponese ha recuperato nello stesso periodo oltre il 20 per cento. Ma la effettiva realizzazione della strategia di reflazione richiederà azioni precise, dal versante di una espansione fiscale e monetaria. Per quest’ultima, Abe si prepara a sostituire il governatore della Bank of Japan ed altri due esponenti dell’istituto di emissione, a fine marzo.

In Eurozona, prosegue l’effetto benefico della promessa/minaccia della Bce di attuare la strategia OMT annunciata da Mario Draghi a inizio agosto. Finora si è notato un miglioramento delle condizioni di liquidità dei titoli di debito sovrano ma ancora poco e nulla a livello di condizioni di credito ed andamento dell’economia reale. A questo si aggiunge il fatto che la politica europea sembra essersi nuovamente adagiata, riguardo le riforme. Ciò non ha tuttavia impedito all’azionario europeo di fare meglio di quello statunitense.

Negli Stati Uniti, l’accordo di bilancio del 31 dicembre è risultato in linea con le attese (ridimensionate) dei giorni precedenti. Ora il Congresso deve gestire i tagli automatici di spesa per Difesa ed entitlements (Social Security, Medicare, Medicaid) ed il raggiungimento del tetto legale di deficit federale, entrambi previsti per inizio marzo. Ad oggi, e soprattutto considerando la composizione del nuovo Congresso, le speranze di conciliazione delle divergenze tra Repubblicani e Democratici appaiono molto esili. Riguardo le minute del meeting Fed dell’11 e 12 dicembre, da esse si evince una sorprendente discussione riguardo la tempistica di fuoriuscita dalle operazioni di easing quantitativo in termini di scadenza di calendario anziché di obiettivi economici, come invece comunicato di recente. Dalle minute si nota una maggioranza di membri Fed inclini ad uscire dal QE tra metà e fine 2013. Tale circostanza ha causato un rialzo dei rendimenti sui Treasury, ma nessun rilevante nervosismo sui mercati azionari.

Per il 2013 resta in essere un suggerimento di posizionamento che privilegi azionario e crediti rispetto a liquidità e titoli di stato, a seguito del venir meno o della rilevante attenuazione degli elementi di maggiore rischio potenziale (Cina, guerra in Medio Oriente, fuoriuscita dall’euro, stretta fiscale statunitense). La reflazione degli attivi rischiosi ha tuttavia già corso molto, lo scorso anno, e mostra quindi un potenziale più contenuto.

Sul mercato dei titoli di stato, vistoso rimbalzo dei rendimenti, grazie alla “soluzione” al Fiscal cliff ed alle minute della Fed. Affinché tale rialzo dei rendimenti appaia radicato e sostenibile, tuttavia, occorre una significativa revisione al rialzo delle prospettive di crescita, tale da indurre la fine del QE della Fed. Circostanza che, allo stato, non appare in essere.

Sul mercato azionario, forte recupero delle quotazioni nell’ultimo mese, con gli indici globali che sono molto prossimi ai picchi di maggio 2011. Il rally è coerente con la costante attenuazione dei maggiori fattori di rischio potenziale, più che con revisioni al rialzo di crescita e utili.
Negli ultimi quattro mesi, l’azionario emergente ha fatto meglio di quello sviluppato, grazie soprattutto a flussi di portafoglio in entrata nei fondi comuni.

Sul mercato dei cambi, il dollaro apre l’anno più forte contro euro, yen e sterlina ma più debole contro valute asiatiche, latinoamericane e dei paesi produttori di materie prime. E’ presto per dire se la minore stretta fiscale negli Usa, conseguente ad aver evitato il Fiscal cliff, e l’eventuale fuoriuscita anticipata della Fed dall’easing quantitativo possano spingere il dollaro al rialzo, anche perché il movimento di ripresa dei rendimenti ha interessato anche Bund tedeschi e Gilt britannici.

Sul mercato delle materie prime, l’oro soffre la pubblicazione delle minute della Fed, che suggeriscono un approccio meno incondizionatamente lasco di politica monetaria.

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