«C’è stata una rotazione tra lo Stato e il mercato e dentro il mercato finanziario -aggiunge – lo Stato è andato sotto, la ricchezza sopra. Prevale il mercato finanziario sulla politica» – (Giulio Tremonti, 5 novembre 2011)
«A cinque anni dall’esplosione della crisi è ormai chiaro che in Occidente la politica, tanto quella di destra quanto quella di sinistra, ha commesso tre errori. Tre errori tragici e tra di loro concatenati: non ha capito la differenza tra un normale ciclo economico e una crisi storica; ha pagato con denaro pubblico il conto dell’azzardo privato; ha scambiato regole false per regole vere. In sintesi, ha passivamente accettato la vittoria della finanza sulla politica, veicolata, la prima, dentro il cavallo di Troia di quel board che nel 2008 fu rumorosamente messo in campo proprio per assicurare al mondo la financial stability (sic!)» – (Giulio Tremonti, 21 gennaio 2012)
Un regime fiscale di favore per attrarre le imprese della finanza a Milano. E’ la proposta lanciata dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, nel suo intervento al Salone del Risparmio, organizzato da Assogestioni nel capoluogo lombardo. ”Facciamo shopping di regimi fiscali: se un regime di favore è buono in altri Paesi forse è buono anche qua”. “Per l’attività finanziaria – ha spiegato il ministro – l’idea è di applicare a Milano i regimi fiscali che, per esempio, ci sono in Irlanda, per un tempo dato e a determinate condizioni” – (Ansa, 6 aprile 2011)
Che, come “primato della finanza sulla politica” non è malaccio, no? Tremonti è mobile, qual piuma al vento.
Ma forse Tremonti mesi prima pensava, nella sua boutade elettoralistica pro-Letizia, di attrarre ed insediare in Lombardia e a Milano solo casse rurali estere che impiegano esclusivamente i depositi, nella fattispecie quelli sottratti ad altre banche italiane, giusto? La verità è che qui Tremonti voleva creare una zona franca per quella famosa “finanza onnipotente” che egli millanta di combattere da sempre. Ma non è rilevante, contano le chiacchiere del nostro neo-umanista ottocentesco contro il suo arcinemico Mario Draghi, all’epoca a capo del Financial Stability Board.
Così come oggi, in improbabili paralleli tra Tremonti Bond e Monti Bond, con i secondi che sarebbero un regalo “a tempo indeterminato” mentre i primi erano severissimi e rigorosamente a termine. Dimenticando che anche i Tremonti Bond erano assimilabili a dei titoli ibridi perpetuals, cioè privi di scadenza formale e rimborsabili a vista su richiesta dell’emittente, e che avevano una struttura di step-up (cioè di cedola crescente nel tempo) assai meno ripida di quella dei Monti Bond. E Tremonti scorda pure che i “suoi” bond avevano l’espressa clausola di non pagare cedola al Tesoro in caso la banca debitrice avesse chiuso i conti in rosso. Questo cosa era, se non un grazioso regalo dei contribuenti alle banche?
Il punto è poi un altro ancora: nei Monti Bond il non senso è quello di poter pagare gli interessi, in caso di rosso della banca creditrice, anche con altri titoli di debito, il cosiddetto pay-in-kind, simile alla prassi degli emittenti societari “spazzatura”, quelli che spostano il dissesto più in là. Nei Monti Bond l’alternativa originariamente prevista, più razionale di quanto previsto dai Tremonti Bond, è quella di pagare gli interessi esclusivamente con azioni, e quindi di una “nazionalizzazione di risulta”, come direbbe Mario Monti, simile a quanto accaduto in Svezia negli anni Novanta o in Regno Unito dall’inizio della crisi attuale. Una improvvida iniziativa di governo e maggioranza ha aggiunto il pagamento degli interessi anche con altro debito. Qui le rimostranze di Tremonti sarebbero astrattamente condivisibili.
Ma se pagare debito con altro debito è una emerita sciocchezza, magari concepita dai legislatori a vantaggio di un confuso “azionista di controllo fuori controllo”, Tremonti farebbe bene a ricordare chi ha denunciato pubblicamente e per primo l’insensatezza di tale prassi, che egli oggi cavalca: ma sì, proprio lui, il suo arcinemico Mario Draghi. Per chi sa leggere, dare un occhio qui, al punto 2.4. Un altro trionfo della perfida finanza globale e dei suoi marionettisti sulla piccola indifesa politica di casa nostra, professor Tremonti? La memoria, questa sconosciuta.