Breve storia di un miserabile fallimento

Ecco, in tutto il loro splendore, le “previsioni d’inverno” elaborate dalla Commissione europea, con un titolo suggestivo e vagamente iettatorio, visti i precedenti di consuntivi sistematicamente errati per eccesso di ottimismo (Gradually overcoming headwinds“: ma molto gradually, diciamo). Nel frattempo, per l’Eurozona, Pil 2013 a meno 0,3 per cento, rapporto debito-Pil al 95 per cento. Ma quanto debito, signora mia, proprio non si arresta di crescere. E come mai, di grazia? Forse che ci siamo incravattati sul ciglio dell’autosoffocamento, e di conseguenza abbiamo e stiamo sbriciolando la base imponibile delle nostre economie? Chi può dirlo.

A livello di singoli paesi, merita segnalare la performance spagnola (il paese che era messo meglio di noi italiani), che ha chiuso il 2012 con un bel rapporto deficit-Pil del 10,2 per cento, malgrado svariate decine di miliardi di euro di “manovre”, in aggiunta a riforme supply side molto potenti, come quella del mercato del lavoro. Di questo deficit, il 3,2 per cento deriva dai salvataggi bancari. Pesante, non c’è dubbio, ma provate a considerare che sarebbe accaduto se Bankia & co. fossero state fatte fallire.

Riflettano, gli italici parolai: le banche in dissesto vanno nazionalizzate? Diremmo di sì, visto che l’alternativa (il fallimento) semplicemente non esiste. Ma le nazionalizzazioni bancarie non sono un pranzo di gala, in termini di impatto sui conti pubblici. Tenetelo a mente, se vi riesce. La Spagna, si diceva: il tasso di disoccupazione ufficiale resta inchiodato al 27 per cento anche nel 2014, che poi sarebbe l’anno della “ripresa”, dopo un lustro passato attendendo l’alba. E’ poi inquietante che il modello econometrico della Commissione indichi per Madrid una risalita del rapporto deficit-Pil proprio nell’anno della fantomatica ripresa. Troppe misure una tantum adottate sinora?

Quanto alla Francia, da oggi parte il negoziato tra la Commissione Ue (e Berlino) e l’Eliseo, visto che il paese ha sforato gli obiettivi ma ha anche sinora realizzato una correzione strutturale dell’ordine dell’1,5 per cento di Pil, andando oltre le richieste di Bruxelles. Riuscirà Parigi ad ottenere un anno di bonus senza condizioni aggiuntive? Lo scopriremo tra qualche settimana, ma se corrisponde al vero l’indiscrezione che vorrebbe Hollande prossimo ad agire dal lato della spesa attraverso deindicizzazione parziale delle pensioni e congelamento della spesa nominale per istruzione superiore e ricerca, la sinistra italiana si troverebbe per l’ennesima volta alle prese con una enorme dissonanza cognitiva.

Ma c’è soprattutto un numero, ad imperitura memoria di un disastro autoinflitto: il rapporto debito-Pil dell’Eurozona quest’anno toccherà il 95,1 per cento, massimo storico dall’introduzione della moneta unica. Un capolavoro, dopo anni di manovre. Che diranno i tedeschi, di fronte a questa realtà? Forse che i deficit sono troppo alti perché i governi non sono sufficientemente austeri? Diranno che serve moltiplicare gli sforzi, perché la prosperità è proprio dietro l’angolo? Oppure riusciranno a realizzare di non aver capito nulla di quello che sarebbe accaduto in conseguenza della loro furia cieca di pareggiare i bilanci pubblici?

Tutto ciò è davvero deprimente, anche se mai quanto i “contenuti” della disgraziata campagna elettorale italiana.

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