Macromonitor 21/4/2013

Mercati azionari in ripiegamento, dopo aver toccato la scorsa settimana nuovi massimi storici. Spread in allargamento per debito emergente e societario ad alto rendimento. Ancora un lieve cedimento per le materie prime, dopo i forti cali della scorsa settimana.

I mercati rischiosi sono in ribasso a seguito dei deludenti dati di Pil cinese del primo trimestre, oltre che di dati statunitensi lievemente peggiori delle attese, che sembrano confermare l’effetto frenante sulla crescita esercitato dalla sequestration e dalla manovra fiscale correttiva di inizio anno. Le stime di crescita globale non variano in modo significativo, confermandosi nel complesso deboli e già scontate, quindi tali da non rappresentare un motore di crescita per i mercati rischiosi, che hanno sinora beneficiato di condizioni di stabilità macroeconomica che hanno ridotto nel corso del tempo un premio al rischio che resta ancora storicamente molto elevato. Venuto meno l’effetto sistemico, sui mercati restano temi idiosincratici relativi a singole aree geografiche, classi di attivi e settori. In Giappone, l’aggressiva reflazione promossa dalla banca centrale ed il nuovo stimolo fiscale governativo dovranno essere supportati da una vera strategia di crescita, cioè da riforme di struttura, che sono attese per il mese di giugno. Il mercato statunitense più che da miglioramenti degli utili resta supportato da un elevato premio al rischio, oltre che da attività aziendali quali fusioni, acquisizioni e leveraged buyout, e da condizioni di relativa stabilità delle politiche macroeconomiche.

Nel più lungo periodo è noto che, quanto più a lungo persistono condizioni di denaro a buon mercato, tanto più aumenta la propensione degli investitori ad usare la leva finanziaria, cioè il debito. E’ verosimile che tale condizione sia operante per i titoli obbligazionari di lunga e lunghissima scadenza, che quindi subirebbero un danno da un’eventuale revisione al rialzo delle prospettive di crescita.

Sul mercato dei titoli di stato, rendimenti in risalita dai recenti minimi, su prospettive di indebolimento della crescita, soprattutto in Europa. La politica monetaria lasca delle maggiori economie spinge le banche centrali di altri paesi (Canada, Svezia) ad astenersi da aumenti già previsti dei tassi ufficiali. I breakeven inflation rates dei titoli indicizzati all’inflazione sono in ripiegamento per effetto del calo dei prezzi delle materie prime, di una crescita debole e di una inflazione core molto contenuta. Lo stesso mini-crollo del prezzo dell’oro può essere letto, per molti aspetti, come una capitolazione di fronte ad una inesistente minaccia inflazionistica, dopo anni di crisi e di politiche monetarie aggressivamente non convenzionali.

Sul mercato azionario, prosegue la reporting season statunitense del primo trimestre, con risultati nel complesso soddisfacenti, malgrado alcune rilevanti sorprese negative. Dal numero di società che hanno finora riportato si estrapola un lievissimo incremento degli utili per azione dell’indice S&P500. Non si esclude una correzione di breve termine del mercato, soprattutto se si verificassero nuove sorprese negative. Un contributo alla chiarezza verrà anche dai nuovi dati dei direttori acquisti di imprese manifatturiere e di servizi, previsti per i prossimi giorni.

Sul mercato delle obbligazioni a spread, settimana di allargamenti causati da timori per la crescita globale. L’investment grade statunitense, secondo alcuni analisti, appare ben posizionato per essere beneficiato da acquisti da parte di assicuratori e banche giapponesi, in termini di caratteristiche di rischio e rendimento.

Sul mercato dei cambi, dopo la significativa forza esibita nel primo trimestre, il dollaro appare ora muoversi lateralmente e dovrebbe proseguire in tal senso per il combinato disposto di forze di segno contrario che al momento tendono a compensarsi: da un lato l’attesa globalizzazione degli investitori giapponesi e la possibilità che la reflazione di Tokyo sia un effettivo motore di crescita globale tendono a rafforzare il dollaro; dall’altro la forza relativa dell’economia statunitense e la debolezza di altre aree (quali l’Eurozona) tendono ad essere già state scontate, e come tali la loro spinta a favore del biglietto verde dovrebbe essere esaurita o fortemente attenuata. Da inizio anno la determinante dei movimenti del dollaro è stato soprattutto il differenziale dei tassi.

Da inizio mese, le materie prime hanno ceduto in media il 7 per cento, espresso in dollari, con ribasso guidato da energia e metalli preziosi. Tra questi ultimi, la maglia nera da inizio anno spetta all’oro. Il ridimensionamento dei rischi macro, unito ad una inflazione cedente e ad un andamento dell’economia statunitense più forte di quello di altre regioni sono elementi che hanno contribuito a deprimere la domanda di oro.
Il petrolio è in calo di circa il 10 per cento da inizio mese, ed i metalli base del 4 per cento. Su questi ultimi potrebbe influire negativamente un’accelerazione nel deterioramento dell’economia cinese, guidata da repressione per via amministrativa del mercato immobiliare.

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