Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Gentile signor Seminerio,
Sono un tassista che vive e lavora a Milano; mi consenta una doverosa replica al suo articolo “Taxi, segua quel noleggiatore“.
ECCO PERCHE TAXI E NCC SONO SERVIZI DIFFERENZIATI
Il servizio Taxi e Ncc sono in tutto il mondo (Usa e UK compresi) differenziati. Ovunque il Taxi staziona nella pubblica via è sottoposto a tariffa amministrata (tassametro) e obbligo di servizio. I Noleggi (Vtc, Limousine, Black cars, Minicabs, ecc) offrono il servizio dalle rimesse, determinano i prezzi liberamente, non vi è obbligo di prestazione. La ragione della distinzione tra i due servizi è creare una reale concorrenza e possibilità di scelta a vantaggio dell’utenza.
La cannibalizzazione/sostituzione del servizio Taxi con i Noleggi (di fatto una forma subdola di deregulation) porta con sé tutti i limiti e disastri della deregulation del servizio taxi già sperimentati mille altre volte.
1) Precarizzazione e impoverimento del lavoro degli autisti (sia Taxi che Ncc);
2) Uscita dal mercato delle aziende più strutturate sostituite da lavoratori marginali e part-time, eccessivo turnover delle micro imprese;
3) Aumento notevole dei prezzi a danno dell’utenza. Fine della tutela garantita dalla tariffa amministrata/obbligo di servizio, generalizzazione di comportamenti “predatori”a danno dell’utenza nei luoghi ad alta richiesta di servizio (aeroporti, stazioni, ecc) e delle discutibile pratica del pricing source;
4) Nel medio termine un oligopolio di gestori di App che -di fatto- intermediano la domanda di servizio economicamente remunerativa nelle principali città; con buona pace della tanto invocata concorrenza e differenziazione dell’offerta.
IL FLOP DELLA DEREGULATION: BREVE EXCURSUS STORICO
Anni 80: esperienze di deregulation del servizio taxi intraprese in alcune città Usa (Indianapolis, Seattle, San Diego, Phoenix) sostanzialmente fallite causa dell’eccessivo aumento dell’offerta, eccessivo turnover degli operatori, deterioramento della qualità del servizio e fenomeni di violenza generati da discussioni sul prezzo (Zerbe,1983; Frankena, Pautler,1984).
Anni 90: fallimentare esperienza di deregulation del servizio Taxi in Europa (Olanda, Svezia, Irlanda). Al danno della precarizzazione delle condizione di lavoro (Olanda, Svezia, Irlanda) si è aggiunta la beffa dell’aumento delle tariffe (Olanda, Svezia), del peggioramento della qualità del servizio (Svezia, Olanda, Irlanda) e della necessità di pesanti interventi di ri-regulation (Olanda, Irlanda) (Visco Comandini, Violati, Gori;2004. Rossano, Iaione; 2006. Iaione; 2008).
LA SITUAZIONE ITALIANA
Svariate App di chiamata operano nelle città italiane (App delle tradizionali centrali radio-taxi, Mytaxi, Cabeo, EzDriver, TaxiYoo) senza alcun problema. Ciò che gli autisti (sia Taxi che Ncc) contestano a Uber non è la sua esistenza, ma le discutibili modalità operative: cioè utilizzare Ncc come Taxi.
In sintesi chiamare/prenotare noleggi dalla pubblica via, proporre una tariffa composta da variabile chilometrica e temporale attraverso un tassametro “virtuale” e il pricing source (cioè la possibilità di variare al rialzo tali variabili in caso di aumento della domanda).
Non a caso queste modalità operative sono oggetto di discussione e spesso modificate dai regolatori in molte città. (New York, Los Angeles, San Francisco, Baltimora, Stato del Colorado, Chicago, Toronto, Stoccolma, Parigi). Ridurre tutto il dibattito alla presunta “cattura” dei regolatori ad opera della “gilda medioevale” dei tassisti suscita enorme perplessità. Ultima considerazione. Chi crede di allargare il proprio business a spese di altri (Ncc) al pari di chi pensa di godere di un servizio innovativo ed elitario magari a prezzi “popolari” (utenti) commette un grande errore di valutazione. Gli unici ad ottenere un effettivo vantaggio -nella deregolamentazione prospettata da alcuni sedicenti “innovatori”- sono i gestori di App.
La cannibalizzazione del servizio Taxi da parte del Noleggio con conducente è una “liberalizzazione” pasticciona e già fallita nel passato. Una cattiva deregolamentazione.
Infine pensare alla “inevitabile rottamazione” dei taxi ad opera di App x smartphone e car sharing è prematuro; mi creda.
Cordialità, L.G.
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Al netto di quello che appare come un mini dossier preconfezionato per replicare alle critiche sul servizio, in queste tesi ci sono alcune evidenti debolezze argomentative, relative allo spettro di concorrenza ed a quello che è definito “ecosistema” di offerta di servizi. E’ certamente vero che taxi e NCC nascono per rispondere a due target di domanda differenti. Il problema è capire per quale motivo si verificano “invasioni di campo”, vere o presunte, da parte degli NCC.
La risposta è intuibile ed intuitiva. Il mercato è come la natura: detesta il vuoto, e tende a colmarlo. Questa non è una affermazione ideologica, ma una constatazione. Se esistono vuoti di offerta causati da rigidità normativa e tariffaria, il mercato tende a colmarli: nel caso di Uber in Italia sappiamo che la loro offerta è “alta di gamma”, mentre in paesi come la Francia la produzione legislativa ha di fatto iniettato competizione nel sistema (creando occupazione aggiuntiva), a tutti i livelli di offerta, ed ora si assiste alla reazione degli incumbents. Comprensibile ma non per questo giustificabile. Ed anche destinata ad essere sconfitta, perché nel frattempo i newcomer hanno messo salde radici e si sono affermati come forza di pressione anche verso i pubblici poteri ed il legislatore.
In Italia Uber non ha ancora formalmente lanciato l’offerta low cost, quella che andrebbe ad incidere più pesantemente su fatturato ed offerta dei taxi, ma questo non vuol dire che non esista tendenza a colmare vuoti di offerta tradizionale. Poi, la si può chiamare “cannibalizzazione dell’offerta tradizionale” o anche Pippo, ma esiste e continua ad esistere, e gli interventi puramente repressivi servono a poco.
Forse basterebbe intuire che la domanda di servizi di trasporto pubblico locale non è fissa ma possiede una componente potenziale, sensibile a fattori di prezzo e non, che potrebbe essere sfruttata per fare crescere la torta, e smettere di credere che la torta medesima sia di dimensioni desolatamente fisse. Come invece implica il commento di un altro lettore, che specifica di non essere un tassista, e che scrive: “L’offerta a Milano è più che abbondante (qui circolano 5.000 taxi al giorno se non erro), e comunque basta osservare quanti taxi fermi ci sono ai posteggi in attesa di clienti“. Se l’offerta “è più che abbondante”, significa che ci sono prezzi troppo alti e/o troppi tassisti. L’offerta sarà pure abbondante sul piano quantitativo, ma su quello qualitativo è molto rigida, e qualcuno prima o poi entrerà a eroderla, come Uber o il car sharing, partendo magari da segmenti di offerta differenti. Ma comprendere che la domanda non è fissa ed immutabile non pare essere un modello culturale dotato di diritto di cittadinanza, nel nostro paese, ed è questo che è alla base “micro” del nostro declino, prima che venissimo colpiti dal combinato disposto “macro” di una unione monetaria sghemba e di un credit crunch senza precedenti. Del resto, definire l’adeguamento di domanda ed offerta tramite prezzi come “discutibile pratica del pricing source“, la dice lunga sul grado di ingessatura culturale prima che economica.
Proviamo con un controfattuale: se la domanda di corse in taxi, a queste date condizioni, resta calante, e quindi se il reddito dei tassisti (ed il valore patrimoniale delle loro licenze) sono destinati a calare inesorabilmente, come reagirà la categoria? Cercherà di farsi proteggere dall’Alemanno di turno, con aumenti delle tariffe unitarie, che a loro volta produrranno calo di ricavi e maggiore spinta alla disintermediazione competitiva oppure accetteranno la sfida di “destrutturarsi” e tentare di sviluppare la domanda?
Basta guardare l’immagine qui sotto: quanto gioca la domanda all’una del mattino di Capodanno, in una città americana, rispetto alla tariffa base. Poi, possiamo anche evocare immagini marx-dickensiane di un lumpenproletariat di tassisti che dormono in auto per intercettare la domanda, e magari ottenere solidarietà e simpatia in alcuni ambiti culturali, galvanizzati (ad esempio) dalla predicazione dell’attuale pontefice su temi del genere, ma la solidarietà culturale non produce reddito né innovazione.
Poi, in ordine sparso: “aumento notevole dei prezzi a danno dell’utenza. Fine della tutela garantita dalla tariffa amministrata/obbligo di servizio” è curiosa, come obiezione. La “tutela garantita” dalla “tariffa amministrata/obbligo di servizio” si traduce in restrizione dell’offerta. E’ il vecchio tic dell’invocazione del “servizio universale” che diventa rendita di posizione. Se e quando si creerà un monopolio di vetture pubbliche gestito da Uber o da altri, penseremo a come spezzarlo. Per ora, quello che emerge è che, per lottare contro il rischio di “oligopolio di gestori di App che -di fatto- intermediano la domanda di servizio economicamente remunerativa nelle principali città” (concetto che pare disconoscere e rigettare la differenziazione dell’offerta), teniamo in vita una struttura tariffaria che è esattamente un oligopolio e restringe senza motivo lo sviluppo della domanda, precludendosi la possibilità di intercettare e guidare l’evoluzione di nuove forme di “servizio economicamente remunerativo”.
Ultima nota, visto che penso il concetto sia sufficientemente chiarito. Non ho mai pensato né auspicato né suggerito la “inevitabile rottamazione” dei taxi ad opera di app e car sharing. Non capisco da dove esca questo virgolettato, che di certo non è mio. Quello che tuttavia è certo, perché nei fatti e nella “storia”, è la tendenza del mercato ad affermarsi, in presenza di rigidità regolatorie eccessive. (M.S.)