Tra modelli superfissi e coperte corte

Oggi il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, è tornato a rilasciare dichiarazioni: sulla cassa integrazione in deroga, che è una continua emorragia di risorse sempre più scarse, sulla riforma delle tipologie contrattuali, sul lavoro per i giovani. L’insieme è quello che tutti ci aspetteremmo, in un quadro di forte deterioramento del mercato italiano del lavoro: auspici, sottintesi, e qualche esercizio di ingegneria lavoristica per disperati.

Sulla disoccupazione giovanile, Poletti non trova di meglio che rievocare il noto modello superfisso, quello dove escono gli anziani ed in questo modo entrano i giovani. Le cose non stanno in termini così semplici ma viviamo tempi talmente complessi che, per cercare di razionalizzare, o ci buttiamo sui complotti o cerchiamo dei non sequitur. E così, ad Agorà, su Rai3, Poletti afferma che occorre “più flessibilità in uscita” per le pensioni. Questa è l’ennesima variazione sul tema della staffetta generazionale, che non funziona e continuerà a non funzionare:

La situazione dei giovani «è una morsa terribile: è stata aumentata l’età delle pensioni e se i più anziani rimangono al lavoro non entrano certo i giovani. Poi va sgonfiato il bacino dei cassintegrati. E’ un blocco che va superato flessibilizzando in uscita (le pensioni) e spingendo per la crescita» (Ansa, 1 agosto 2014)

E’ innegabile che solo la crescita crei occupazione, ma sulla staffetta generazionale occorre cautela. Forse Poletti ricorda che, in questo paese, abbiamo trascorso decenni con pensioni di anzianità poco sopra i 50 anni d’età proprio con la motivazione che “così facciamo entrare al lavoro i giovani”, eppure il tasso di disoccupazione giovanile è sempre felicemente rimasto tra i più alti del mondo (occidentale e non solo), mentre quello di partecipazione alla forza lavoro è stato specularmente tra i più bassi. Quindi è dura ora prendersela con l’innalzamento dell’età pensionabile quale determinante della disoccupazione giovanile. Quanto alla flessibilità pensionistica in uscita, è certamente fattibile: basta applicare dei correttivi al coefficiente di trasformazione delle retribuzioni in pensioni, basandosi sulla speranza di vita. In tal modo si manterrebbe anche l’equilibrio dei conti pubblici. Se Poletti ed il governo ritengono che questa possa essere una via, la percorrano. Ma dubitiamo fortemente che la sola possibilità di andare in pensione anticipata, opportunamente penalizzati, possa determinare un significativo riassorbimento della disoccupazione giovanile.

Riguardo gli ammortizzatori sociali, è ormai evidente a chiunque che mancano i soldi per la cassa in deroga. Per questo motivo ora si evolve lentamente ma fatalmente verso il “razionamento”, per il quale Poletti sta già immaginando i criteri:

Gli ammortizzatori sociali «vanno cambiati, anche con l’obiettivo di una condizionalità» e il numero delle tipologia contrattuali “va ridotto”. Così ad Agorà (Rai3) il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Sugli ammortizzatori Poletti ha spiegato che non si possono più dare denari “senza condizioni” e che i lavoratori che ne usufruiscono devono intanto «aiutare la propria comunità, formarsi, ricercare il lavoro»

Qui è palese che Poletti sta divagando: intanto, argomentare come fa lui equivale, semplicemente a dismettere la cassa in deroga. Dovrà avvenire, ma con questo mercato del lavoro morto chi si prenderà la responsabilità di farlo? Poi, le condizionalità: eroghiamo un sussidio “attivo” di disoccupazione (questo è l’obiettivo del ddl delega sul lavoro), che sarà limitato per entità e durata, e lo subordiniamo a varie condizionalità, tra cui questo famoso “aiuto per la comunità” che andrà meglio definito: servizi sociali? Lavori socialmente utili? Altro? Sulla formazione, stendiamo un pietoso velo: di che tipo, quando esterna all’impresa? Per ingrassare i somministratori della medesima? E sulla ricerca del lavoro benissimo, ma se manca, manca.

Questi non sono argomenti inediti: ne parliamo da anni, e sempre più da quando Renzi è a Palazzo Chigi. Ma verrà il momento in cui occorrerà decidere, e smettere di fare chiacchiere e fumo. Quando si sarà levata la nebbia, la difficoltà di tenere in piedi questo povero paese apparirà in tutta la sua drammaticità.

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