(Post tecnico, ma su argomenti che alla fine hanno rilevante impatto politico)
Quando ha annunciato l’intenzione della Bce di procedere all’acquisto di asset backed securities (Abs), cioè di cartolarizzazioni, Mario Draghi ha anche precisato che l’istituto di Francoforte avrebbe focalizzato la propria operatività sulle tranches più senior di tali strumenti, mentre per acquistare quelle più rischiose la Bce avrebbe gradito l’utilizzo di garanzie statali. E qui sorge il problema, ed il circolo vizioso.
Occorre premettere che gli Abs sono costruiti in modo da ripartirne rischiosità e rendimento su più tranches, in funzione dell’assorbimento delle eventuali perdite sui crediti sottostanti. In pratica, e semplificando di molto (perché comunque questa non è la sede), la tranche più rischiosa (che ovviamente è quella che ha rendimento atteso più elevato) è la prima a subire gli effetti di eventuali insolvenze dei crediti sottostanti. Questa è la cosiddetta equity tranche, ha il rating più basso ed è anche quella che, secondo le istruzioni di vigilanza, è quella che richiede alle banche di accantonare più capitale a fini prudenziali. La tranche di maggior qualità è la cosiddetta senior, di solito dotata di rating massimo e che di fatto non assorbe capitale di vigilanza.
L’idea della Bce, quindi, sembra quella di voler comprare le tranche più senior, cioè quelle con più elevata qualità di credito. In questo modo, tra l’altro, si riduce il rischio di perdite dell’istituto di emissione di Francoforte. C’è un però ed un problema. Se obiettivo di questa specifica azione della Bce è quello di liberare capitale delle banche, che potrebbe quindi essere impiegato per concedere altri prestiti (ma se manca domanda aggregata, si torna al via), occorre che la Bce si compri le tranche più rischiose, cioè le mezzanine e le equity, non certo le senior, che peraltro di fatto non assorbono capitale di vigilanza o ne assorbono molto poco.
Ed ecco l’inghippo: comprare le tranche rischiose serve alle banche per liberare capitale ma amplifica il rischio di perdite su crediti da parte della Bce, che quindi finirebbe di fatto col violare la propria missione istituzionale, smettendo di fare politica monetaria. Per questo Draghi ha chiesto che i paesi dell’Eurozona mettano la propria garanzia sulle tranche più rischiose delle Abs. E qui sorge il problema: mettere la garanzia statale vuol dire far salire il debito pubblico, con tutto quello che ciò implica. E si torna al via.
C’è da dire che, nella giornata di ieri, la Bce ha fatto sapere di voler procedere con gli acquisti “indipendentemente da ogni decisione governativa”, anche se “le garanzie governative giocherebbero un utile ruolo nel rafforzare il mercato delle cartolarizzazioni in Europa ed il suo ruolo nel finanziare la ripresa economica”. Sappiamo che esiste, o dovrebbe esistere, un documento franco-tedesco, che verrà analizzato domani negli incontri Ecofin di Milano, in cui si giudica “problematica” la richiesta di garanzie pubbliche, citando l’aspetto di moral hazard che ciò produrrebbe. Gli investitori, in altri termini, non farebbero i famigerati “compiti a casa” sulla qualità dei titoli che andrebbero ad acquistare, facendosi bastare la garanzia statale. Oltre a questa criticità, che certamente trova le orecchie tedesche assai sensibili (non senza ragione), c’è il sopracitato problema dell’aumento del debito pubblico che la garanzia statale causerebbe.
Come che sia, l’operazione di easing (più qualitativo che quantitativo) della Bce dovrà superare molti problemi, di varia natura. Ad oggi, il percorso non appare esattamente in discesa.