Poiché al governo si sono convinti che la disoccupazione aumenta (e l’occupazione cala) perché le aziende hanno bloccato il turnover nell’attesa che il Jobs Act divenga pienamente operativo, è utile sapere che domani il parlamento dovrebbe ricevere il decreto con le coperture per la Nuova Aspi (il sussidio “universale” di disoccupazione) ed il decreto legislativo per il contratto unico a tutele monetizzazione crescente, per i trenta giorni di consultazione che produrranno un parere non vincolante. Al termine di questo iter, si parte. Ad oggi, esiste e persiste un problema di coperture finanziarie per la Nuova Aspi, e sarà interessante vedere come sarà risolto.
Il governo ha previsto l’importo di 2,2 miliardi annui per il 2015 e 2016 e di 2 miliardi per il 2017 per finanziare oltre alla Naspi (destinata ai subordinati che hanno perso il lavoro) anche l’assegno previsto per i co.co.co e co.co.pro disoccupati e quello per i soggetti in particolari condizioni di difficoltà che hanno esaurito il diritto a percepire la Naspi (qui un riepilogo dei tre nuovi assegni, con il Dis-Coll che è in regime sperimentale per il 2015 ma secondo logica dovrà diventare stabile). Il problema di copertura è stato posto dalla Ragioneria Generale dello Stato sul 2017, basandosi sul tasso di disoccupazione previsto dal governo nel Def (che dovrebbe passare dal 12,5% di quest’anno all’11,6% del 2017).
Come risolvere, quindi? La Ragioneria suggerisce, in caso di risorse invariate, di “rimodulare” importo e durata dei sussidi di disoccupazione. In altre parole, tagliarli ed accorciarne il periodo di fruizione, in quella che sarebbe l’apoteosi degli sponsali coi fichi secchi che caratterizzerà l’avvento in Italia di un regime di sussidi di disoccupazione legati al lavoratore e non al posto di lavoro. Un cambiamento che serviva e che tuttavia giunge nel peggior momento possibile, per le drammatiche ristrettezze delle casse pubbliche. Di ciò si possono inequivocabilmente ringraziare i governi precedenti l’attuale. L’Italia si conferma un modello a progettare il proprio futuro, quando il medesimo è dietro le spalle.
Ciò premesso, il problema resta: come finanziare eventuali fabbisogni aggiuntivi senza rimodulare (cioè tagliare) le erogazioni e di fatto renderle qualcosa di poco più che simbolico? Attendiamo la soluzione proposta dal governo avendo la consapevolezza che, se la crisi resterà a questo stadio (o farà segnare miglioramenti marginali), avremo un pesantissimo buco da coprire. E già qui iniziamo a preoccuparci. Molto.
Aggiornamento del 13 gennaio – Ecco il “compromesso“. La Stabilità 2016 dovrà reperire 3-400 milioni di coperture sul 2017. Nel frattempo, “diamo certezze”. Anche stralciando il contratto di ricollocazione. E andiamo avanti.