E via, verso la Valle della Loira

Premio non sequitur del giorno a Stefano Fassina. Mentre si attende l’esito del dibattito interno al Pd sugli emendamenti da presentare al decreto legge relativo a misure urgenti per il sistema bancario (cioè la riforma delle banche popolari con attivi superiori a 8 miliardi di euro), Fassina ha delineato le proprie preferenze, che si indirizzano verso il reintegro del voto capitario o, in subordine, l’imposizione di limiti al diritto di voto in assemblea rispetto alla quota di possesso.

La premessa:

«Il punto fondamentale è salvaguardare il rapporto con il territorio. Le popolari, con i loro limiti e
contraddizioni, hanno assicurato credito a imprese e famiglie. Il voto capitario non è di per sé la causa dei problemi. Ci sono altri interventi da fare per favorire l’apertura del management, le alleanze e lo smaltimento dei crediti inesigibili. Bisogna stare attenti a fare una norma che non elimini la specificità tipica delle popolari» (Radiocor, 25 febbraio 2015)

E fin qui potremmo esserci, all’incirca. Come abbiamo detto tempo addietro, le motivazioni addotte dal governo per il decreto di riforma delle popolari appaiono scarsamente consistenti. Ribadiamolo: esiste evidenza empirica sufficientemente robusta che le banche popolari di maggiore dimensione agiscano da elemento frenante allo sviluppo del credito, in Italia? Noi diremmo di no. Come detto, a noi viene più facile pensare che il governo voglia aprire il mercato italiano alle banche straniere, pensando che ciò serva sia a ridurre i costi di sistema che a favorire l’insediamento in Italia di imprese estere, al seguito del loro prestatore domestico di fiducia (auguri).

L’arrivo dello straniero, quindi. Rispetto al quale, Fassina ha una sua visione del mondo:

«(…) è in gioco il credito alle Pmi, esiste il rischio concreto che entrino capitali e banche dall’estero per prendersi i risparmi, cospicui, che ancora esistono in alcuni territori del Paese» (Radiocor, 25 febbraio 2015)

Se fate mente locale, questa posizione di Fassina ricorda in un modo sinistro (alla lettera, vista la provenienza), quella berlusconiana su Air France che rapisce i turisti diretti in Italia e se li porta nella Valle della Loira. Un esame di realtà confuta rapidamente i timori di Fassina. Quale è il mestiere di una banca? Quello di erogare prestiti. Dal lato della domanda, le imprese richiedono credito quando l’economia cresce (chi l’avrebbe mai detto, vero?). Quindi, se un paese cresce, le banche che in quel paese operano si troveranno a dover soddisfare domanda di credito da famiglie ed imprese, e non avranno incentivo alcuno a dirottare fuori dal paese la raccolta in esso effettuata. Una banca estera non avrà invece alcun interesse a sbarcare in un paese che non cresce e sperimenta anzi una preoccupante tendenza all’aumento di sofferenze. Questo è il punto che Fassina non riesce a cogliere.

Non è che il nostro risparmio verrà rapito e portato oltre confine, caro Fassina. Lei si è chiesto perché i vertici del Banco Santander, dopo l’aumento di capitale di qualche settimana addietro, hanno dichiarato di puntare a crescere nel mercato spagnolo ed in quello britannico, citati come esempio di realtà in crescita, dove quindi si può guadagnare? Se invece, ma proprio per assurdo, dovessimo ipotizzare un drenaggio di risparmio italiano diretto verso imprese estere non operanti in Italia, sarebbe comunque un caso di impieghi non realizzabili in Italia causa assenza di opportunità. E comunque, la banca italiana “conquistata” continuerebbe a pagare le tasse in Italia, quindi un beneficio alla collettività ci sarebbe comunque. Va bene essere ossessionati dal mercantilismo altrui, ma possibilmente senza scadere nel ridicolo.

Poi, noi restiamo in fiduciosa attesa di capire su quali basi si espliciti il principio cooperativistico di mutualità nelle maggiori banche popolari italiane. Ed anche di capire se il leggendario “legame col territorio” non tenda troppo spesso a risolversi in degenerazioni di governance, come ci segnalano con sempre maggior frequenza le cronache, soprattutto quelle giudiziarie. Siamo certi che l’area politico-culturale del Pd in cui Fassina si riconosce saprà portare un contributo fattivo a queste criticità di un modello di presunto successo.

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