Come informa Istat, a gennaio 2015 il fatturato dell’industria, al netto della stagionalità, diminuisce dell’1,6% rispetto a dicembre, registrando flessioni dello 0,9% sul mercato interno e del 3,1% su quello estero. Per gli ordinativi industriali totali, invece, si registra una diminuzione congiunturale (cioè mensile) del 3,6%, sintesi di un aumento dello 0,7% degli ordinativi interni e un calo del 9,0% di quelli esteri. Non essendo noi degli agitatori saltellanti delle prodezze del renzismo, siamo consapevoli che un dato non fa una tendenza. Ma ci sono anche altre cose di cui siamo consapevoli.
Visto che un singolo dato non rappresenta alcunché, tranne che per chi vive di spin effimeri, è quindi utile prendere altri indicatori. Ecco quindi che, sempre da Istat, scopriamo che, riguardo al fatturato dell’industria,
Nella media degli ultimi tre mesi, l’indice complessivo diminuisce dello 0,1% rispetto ai tre mesi precedenti (-0,6% per il fatturato interno e +1,0% per quello estero)
Quindi, prendendo la media mobile a tre mesi, si osserva che il fatturato industriale resta piuttosto esangue, soprattutto per effetto frenante della componente domestica. Corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 20 contro i 21 di gennaio 2014), il fatturato totale diminuisce in termini tendenziali (cioè annuali) del 2,5%, con cali del 3,7% sul mercato interno e dello 0,3% su quello estero. Sulla flessione pesa la componente energia, mentre un robusto contributo positivo viene dal comparto degli autoveicoli. Occorre tenere presente che parliamo di grandezze espresse a valori correnti, e ciò spiega agevolmente la flessione della componente energia.
Ma anche così, resta il fatto che stiamo parlando del nulla, e che anche questa volta avremo la caratteristica asimmetria dove, a dati mensili positivi, c’è l’immancabile lancio dell’Ansa, mentre quelli negativi sono accolti da silenzio o coperti con altro spin, come ad esempio il numero di contratti a tempo indeterminato del primo bimestre 2015. Rispetto ai quali sappiamo che sono stati spinti non dal Jobs Act ma dal sussidio di decontribuzione.
Oppure, se proprio volete fare i ganzi, potete segnalare il dato sulle vendite al dettaglio di gennaio, cresciute su base destagionalizzata dello 0,1% rispetto al mese precedente. In questo caso, il manuale del perfetto cocorito/scimmietta/disc jockey raccomanda di dire che “è tornata la primavera”, seguito dall’hashtag #italiariparte o equivalente. Oppure potreste commentare con variazioni sul tema, ad esempio citando gli 80 euro che funzionano “e a cui invece nessuno credeva”, o fare marameo a quanti, “contro ogni evidenza”, si ostinano a non vedere la svolta. Anche nel caso delle vendite al dettaglio, tuttavia, è consigliabile non ricorrere alla media mobile trimestrale del dato visto che, nel trimestre novembre-gennaio 2015, l’indice registra un aumento dello 0,1% (zerovirgolauno) rispetto al trimestre precedente, che non è esattamente un boom. Ma sono dettagli. Oppure potrete sempre citofonare a Confcommercio e, dopo Expo e Giubileo, finire ad invocare anche le Olimpiadi, i Mondiali di calcio e la costruzione dell’Arca di Noè.
Ah, poi, con tutta calma, ci spiegherete come fa a crescere l’occupazione (parliamo ovviamente di aumenti netti, cioè di creazione di occupazione aggiuntiva) in presenza di dinamiche di attività così esangui. Questo mistero decisamente ci affascina.